Draghi: «Situazione drammatica L’Italia dovrà  salvarsi da sola»

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ROMA — «Termino il mio mandato in una situazione confusa e drammatica sul piano nazionale, su quello internazionale, sul fronte politico e su quello economico»: ha il tono del rammarico l’addio di Mario Draghi che ieri ha svolto alla Giornata del risparmio il suo ultimo intervento istituzionale da Governatore della Banca d’Italia. Dal 1° novembre sarà  a Francoforte per guidare la Bce e a Palazzo Koch lo sostituirà  Ignazio Visco. Il suo è un rammarico per le cose non fatte, in particolare dalla politica, sul fronte della crescita e per le debolezze strutturali «mai curate» a cui si contrappone la fiducia sui «punti di forza» dell’Italia su cui poggiarsi per reagire e per «trarre coraggio, sicurezza e certezza di riuscire». Il primo punto di forza è il Capo dello Stato, «punto di riferimento, di ispirazione e di esempio», che Draghi ringrazia con convinzione, e poi la Banca d’Italia col suo «esemplare» contributo «nel fronteggiare la crisi a livello nazionale e internazionale». Quindi il sistema delle Fondazioni e delle banche a cui «va dato atto di aver affrontato la crisi, adeguando risorse, compiendo sacrifici, cambiando regole di gestione, allineando incentivi a risultati».
Ma stiamo vivendo una discontinuità  storica, dice Draghi. «Andiamo verso un nuovo patto europeo, verso una gestione comune dei problemi di fondo delle nostre economie a cui a ciascuno è richiesta più responsabilità  al servizio del bene comune».
Non serve prendersela con chi punta l’indice, siano Angela Merkel e Nicolas Sarkozy o altri. «Anche se le forme possono mortificare, la sostanza dei nodi da sciogliere non dipende da chi la enuncia», dice aggiungendo che: «E’ innanzitutto interesse dei singoli Paesi membri riconoscere questa sostanza, riconoscere i modi e non sperare negli altri, affidarsi a se stessi, alla propria forza, alla propria storia, per salvarsi in Europa». E’ questa la lezione fondamentale della crisi: «Costruire assieme il futuro in Europa. Solo così potremo rifare l’Italia».
Ma al di là  dell’esortazione ad agire Draghi ripercorre la lista delle misure da attuare per sostenere la crescita. E cioè nel breve periodo, la «modifica della composizione del prelievo fiscale, trasferendone il peso dalle imposte e dai contributi che gravano sul lavoro e sull’attività  produttiva all’imposizione sulla proprietà  e sul consumo». Un rilancio «duraturo» della crescita sostenibile passa invece soprattutto per le riforme strutturali «tuttora inattuate». Si tratta fra l’altro di «elevare la concorrenza in particolare nei servizi; costruire un contesto amministrativo e regolatorio più favorevole alle attività  d’impresa; innalzare i livelli di partecipazione al mercato del lavoro».
In quest’ottica, secondo Draghi — che aveva al fianco il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per il quale «non esiste un grandissimo problema di crescita» in Italia perché «il Pil nel 2010 è stato rivisto all’1,5%, uguale alla Francia, superiore all’Inghilterra» — si muove la lettera di intenti inviata dal governo a Bruxelles: «È un passo importante, è un piano di riforme organiche per lo sviluppo dell’economia italiana», ha detto. Ma bisogna «farle con rapidità  e concretezza. Non nascondiamoci che si tratta di azioni coraggiose che però devono essere accompagnate dalla tutela delle fasce deboli che saranno toccate».


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