Decreto sviluppo, Tremonti estromesso e spuntano condono e patrimoniale

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ROMA – Torna il condono per finanziare la crescita. Ma questa soluzione, ventilata ieri dalla maggioranza, provoca già  una forte reazione dell’opposizione. «Se si affaccia un’ipotesi di questo tipo – attacca il segretario del Pd Pier Luigi Bersani – ci mettiamo di traverso con tutta la forza che abbiamo». Il varo del decreto sviluppo (condono compreso) slitta ancora, non prima del 20 ottobre, mentre la barra del coordinamento sulla crescita passa al ministro dello Sviluppo, Paolo Romani. Di fatto, il super ministro dell’Economia viene “esautorato” dalla cabina di regia.
Lo stallo, che si trascina da settimane, ruota attorno al perno delle risorse. E al conflitto latente tra Tremonti e Berlusconi, costretti ieri a siglare un armistizio. Il ministro vuole un decreto sviluppo a “costo zero”. Il premier no: pretende qualche misura “di peso”. Così, all’ultimo minuto, spuntano due assi per fare cassa: oltre al condono, si parla di nuovo di patrimoniale. Le simulazioni dei tecnici di Palazzo Chigi, ma anche del ministero dell’Economia, sarebbero già  ad uno stadio avanzato. Le ipotesi di condono su cui si lavora – fiscale o nella sua forma “soft” di concordato preventivo come nel 2004 – sono caldeggiate da una parte della maggioranza, in buona sostanza il Pdl, e spinte con forza dallo stesso Berlusconi. Anche se il vicecaprogruppo Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli, precisa che le entrate assicurate dal condono «devono essere dirottate a finanziare la crescita e non a chiudere i buchi di bilancio». Ieri mattina il coordinatore del Pdl, Fabrizio Cicchitto, indicava proprio «due tipi di condono, uno dei quali collegato alla riforma fiscale» (l’altro, edilizio) e anche il «ricorso alla finanza straordinaria patrimoniale nella versione del professor Tabellini». Ovvero l’ipotesi espressa dal rettore della Bocconi di applicare stabilmente, non una tantum, il 5 per mille annuo sui patrimoni. Ipotesi che piace alla Confindustria (nel Manifesto in cinque punti ipotizzava l’1,5 per mille) che, sul punto, preme sul ministro dello Sviluppo. Ma piace anche alla Lega e a Tremonti che preferisce di gran lunga la patrimoniale al condono: soldi subito e veti Ue aggirati. Il condono, infatti, non può essere portato a riduzione della spesa corrente, ma solo del debito. Una misura, dunque, che darebbe frutti solo nel medio-lungo periodo. Per ora tra Berlusconi e Tremonti è tregua armata. I due sono arrivati ieri alla Camera a braccetto, ostentando armonia. «Lavoriamo in assoluta concordia», ha assicurato il premier. Ma solo pochi minuti dopo il ministro spiegava: «Abbiamo diverse idee sui soldi». Certo. ha ammesso il Cavaliere «fare le nozze con i fichi secchi non è facile».
Ma contro l’ipotesi condono insorge l’opposizione. Per Bersani «è assolutamente inaccettabile: se si vuole fare un intervento sulle entrate fiscali bisogna farlo con la lotta all’evasione. Noi abbiamo proposto un contributo straordinario del 4% sui capitali scudati». «A chi ci governa – tuona il leader Idv Antonio Di Pietro – interessa solo propria impunità ». Sulla stessa linea anche il capogruppo Fli alla Camera. «È la riprova – dice Italo Bocchino – che i conti non tornano, è un ulteriore piacere agli evasori». Contrario anche l’Udc: «Non riesco davvero a comprendere – commenta Gianluca Galletti – quale sia il nesso tra un decreto per la crescita e un condono: quest’ultimo non serve al Paese per crescere, ma casomai a consolidare l’evasione fiscale».


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