Dal G20 arriva l’ultimatum all’Europa “Otto giorni per risolvere la crisi”

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PARIGI – Il G20 preme sull’Europa perché serri i ranghi. Vuole che prepari per il prossimo vertice di Cannes, il 3 novembre, un piano anti-crisi concreto per salvare l’euro con soluzioni “durature e globali” in grado di tamponare gli sconquassi del debito sovrano. Di più: suggerisce di discutere la faccenda subito, entro domenica e dunque “in casa”, ovvero al consiglio dei capi di Stato Ue, in programma a Bruxelles. Nel dettaglio: viene reclamato capitale aggiuntivo ad una lista di 50 grandi banche sistemiche; sono attese “nuove azioni” per massimizzare l’impatto del fondo salva-stati, il cui rafforzamento è stato appena ratificato da tutti i paesi, ultimo la Slovacchia. I Grandi chiedono anche piani definiti per la Grecia e linee guida chiare per riformare la governance Ue. Nel suo comunicato il G20 accoglie con favore l’impegno anti-crisi e, soprattutto, anti-contagio di Eurolandia. Restano le divisioni sul ruolo del Fmi e sulle sue risorse. Si chiude così il vertice di Parigi fra le più importanti potenze del mondo. Una riunione che si tiene «mentre si sono acuite le tensioni e sono significativamente aumentati i rischi per l’economia», come si legge nel comunicato finale. «C’è bisogno di ripristinare la fiducia, la stabilità  finanziaria e la crescita», questo l’auspicio.
Quando i riflettori si spengono, alcuni ministri europei, inclusi Giulio Tremonti, il francese Francois Baroin e il tedesco Wolfgang Shaeuble, si trattengono fino a sera, perdendo tutti gli slot aerei. Fonti ufficiose accreditano l’ipotesi che questo dopo vertice sia servito proprio per meglio definire il piano per l’euro che le autorità  Ue devono predisporre entro una settimana. Ma altro non emerge. Tremonti se ne va senza aprire bocca: si sa soltanto che ha avuto dei bilaterali con i colleghi di Giappone e Messico, con il commissario Ue Olli Rehn e con il presidente dell’Ocse, Angel Gurria. Il ministro tedesco invece dichiara: «Troveremo una soluzione al problema della Grecia». E poi aggiunge: «Le banche più importanti della Ue avranno capitali a sufficienza». Il padrone di casa Baroin deve ammettere che restano divisioni sull’aumento delle risorse Fmi: Usa, Germania e Giappone sono contrari. I paesi emergenti invece, i cosiddetti Brics, pensano che le “munizioni” del Fondo non siano sufficienti e sono disposti a fornirgliele. Ed è impasse, anche se l’americano Tim Geithner per la prima volta dice sì all’uso dei denari del Fondo per aiutare l’Europa, se necessario. Sulla crisi, dice i aver sentito «cose incoraggianti dai colleghi Ue».
La lista delle 50 banche sistemiche (Sifis, in gergo) che devono aumentare i propri requisiti di capitale è stata redatta dal Financial Stability Board, l’organismo guidato dal governatore Mario Draghi. Anche questo elenco, che dovrebbe comprendere pure alcuni istituti italiani (si parla di Unicredit), sarà  presentato a Cannes. In quell’occasione Draghi, divenuto nel frattempo presidente della Bce, lascerà  il timone del Board. Per la successione, sono in lizza due candidati: il canadese James M. Flaherty e lo svizzero Philipp Hildebrand. Il messaggio che esce da Parigi, è “fare presto”. Il direttore dell’Fmi Christine Lagarde avverte: la crisi si sta estendendo anche ai Paesi emergenti.


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