Dai canali ostruiti all’asfalto dissestato la capitale ostaggio delle sue inefficienze

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ROMA – Un tombino che si solleva come il tappo di una pentola a pressione, nel piazzale della stazione Anagnina, Roma sud, mentre la città  si allaga. È questa l’immagine, registrata in un video amatoriale, che spiega perché Roma è affogata sotto il nubifragio, paralizzando il traffico e i mezzi pubblici. Il sistema idraulico di raccolta dell’acqua piovana è collassato, le caditoie pluviali forse intasate da foglie e terriccio non sono riuscite a drenare l’acqua nelle fogne. Strade, sottopassi e alcune stazioni della metropolitana si sono allagate, col risultato appunto di aumentare la pressione nei canali sotto ai tombini e quella degli automobilisti bloccati per ore in auto. E sarà  stato pure «un evento straordinario che non si verificava dal 1953», come si è affrettato a spiegare il sindaco Alemanno, ma non è la prima volta che tutta Roma si blocca causa pioggia. Anche per acquazzoni meno potenti. Cos’è che non funziona?
Per drenare l’acqua piovana ci sono 400 mila caditoie, sparse lungo le strade e le piazze. Caditoie che hanno bisogno di essere costantemente tenute pulite, altrimenti si intasano. La competenza della manutenzione dell’85% dei canaletti di scolo è a carico dei 19 municipi. Ai quali però Alemanno ha tagliato i fondi. «Nel mio territorio ci sono 300 chilometri di strada – spiega ad esempio Andrea Catarci, presidente dell’undicesimo municipio – il comune per la manutenzione ci dà  800 mila euro, ce ne servirebbero almeno il doppio. È chiaro che non abbiamo potuto fare gli interventi necessari». Per il restante 15 % delle caditoie, di competenza dell’amministrazione centrale, il Campidoglio ha stanziato appena 3 milioni di euro. Negli ultimi sei mesi ne sono state pulite appena 16 mila «Per lo spurgo di tutto il sistema romano – ammette Maurizio Viola del Dipartimento Lavori pubblici – servirebbero decine di milioni».
Ne servirebbero molti di più per mettere in sicurezza gli edifici scolastici. In diverse scuole romane ci sono stati cedimenti dei soffitti, mura sgretolate e aule allagate. Fanno parte di quel 41 per cento di istituti laziali fatiscenti, denunciati da Legambiente: 1329 edifici a rischio su un totale di 3190, il 53 per cento dei quali ha più di 35 anni. Ad andare in tilt anche le due linee della metropolitana. Due i motivi. L’acqua che è penetrata nelle stazioni dagli ingressi sulle strade (e per la quale non è previsto un sistema di scolo sufficiente) e quella che è piovuta dai soffitti. «Alcune infiltrazioni – spiegano all’Atac – potrebbero essere dovute allo strato di asfalto sovrastante troppo sottile».
C’è poi l’edificazione selvaggia. Il 26% della superficie del comune, secondo una stima dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) è reso impermeabile dal cemento e non assorbe. «In tutto il quadrante sud della città  – spiega Angelo Bonelli, dei Verdi – da Ostia all’Infernetto, pur di costruire è stato stravolto il sistema di bonifica creato negli anni Trenta». E nonostante i frequenti allagamenti Roma non ha ancora adottato un piano di emergenza che preveda una viabilità  alternativa.


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