Così i violenti hanno conquistato il corteo

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ROMA — Era stato tutto previsto, anche il momento in cui i violenti avrebbero cercato di «tagliare» il corteo. Nella circolare del questore di Roma Francesco Tagliente, diramata a poche ore dall’inizio della manifestazione per confermare il dispositivo di sicurezza, viene evidenziata la divisione interna agli organizzatori, il «Coordinamento 15 ottobre». «Non tutte le componenti — è scritto — hanno accolto con soddisfazione il percorso finale e da più parti è stata ventilata l’ipotesi di un tentativo di deviazione dello stesso, presumibilmente all’altezza di largo Corrado Ricci, per tentare di superare o aggirare gli sbarramenti delle forze dell’ordine». Esattamente quello che si è verificato ieri pomeriggio verso le 15. È stato allora che si è cominciato a perdere il controllo dei gruppi più estremisti. Fino alla devastazione di piazza San Giovanni. Fino a quando quei piccoli «nuclei» di teppisti con il volto coperto e i bastoni in mano sono riusciti ad aggregare centinaia di altre persone e alla fine hanno preso il sopravvento ottenendo un risultato senza precedenti: la fine della manifestazione neanche tre ore dopo la partenza.

Le dichiarazioni del ministro dell’Interno Roberto Maroni che dopo aver «condannato i violenti e solidarizzato con le forze dell’ordine» parla di «infiltrati», così come quelle del capo della polizia Antonio Manganelli che evidenzia la presenza di «teppisti criminali», forniscono il quadro preciso di quanto è avvenuto. Ma senza sottovalutare la necessità , per i vertici del Viminale, di analizzare la sequenza della giornata e così individuare i motivi che hanno «inceppato» il meccanismo di difesa. Perché è vero, come ha ribadito Maroni ai suoi collaboratori, che «noi dobbiamo garantire e salvaguardare i diritti dei manifestanti pacifici e se fossimo intervenuti alle prime avvisaglie rischiavamo di provocare incidenti ben più gravi». Però bisogna capire perché si sia deciso di non fermare gli «incappucciati» quando uscivano dal corteo per assaltare bancomat, agenzie interinali e negozi. Oppure quando si sono diretti verso San Giovanni, ormai lontani dalla manifestazione e con l’obiettivo di «sfasciare» e attaccare i blindati di polizia, carabinieri e finanzieri messi a protezione delle strade e dei cittadini. Un atteggiamento che fa sottolineare al segretario del Sap Nicola Tanzi come «ancora una volta, i soliti delinquenti hanno approfittato di una manifestazione pacifica per commettere devastazioni e violenze contro i poliziotti».

L’immagine della piazza deturpata dalla furia di quei giovani con il volto coperto dai passamontagna e i caschi in testa che tirano bombe carta e sembrano uscire indenni anche dal lancio dei lacrimogeni, resterà  il simbolo di questa giornata drammatica. I timori della vigilia erano concentrati sulla possibilità  che i gruppi estremisti si sganciassero dal serpentone principale per «conquistare» una sede istituzionale o un monumento, come era già  avvenuto il 14 dicembre scorso. Proprio su questo rischio il questore Tagliente aveva modulato il dispositivo ed effettivamente ha ottenuto il risultato di proteggere il cuore della Capitale e le nove sedi istituzionali che comprendono le Camere, il Quirinale, Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli, ma anche alcuni ministeri e la Banca d’Italia. Quando si è capito che i blindati avrebbero impedito l’accesso alle strade laterali, i violenti hanno però cambiato strategia. E hanno avuto la meglio.

Sono rimasti «protetti» dai manifestanti pacifici fino a quando sono arrivati davanti al Colosseo. Poi hanno sfogato la propria rabbia. Un’aggressione tanto dura da convincere il questore a utilizzare gli idranti, come avviene in situazioni di gravissima emergenza visto che si tratta di apparecchiature vietate e il ministro dell’Interno può disporre la deroga di queste disposizioni soltanto in casi eccezionali. All’inizio erano meno di cento. In piazza san Giovanni erano diventati circa un migliaio. E vista la furia degli scontri, la determinazione e la violenza nell’assaltare camionette e blindati, alla fine si può dire che il bilancio finale è stato addirittura positivo.

Non possono negare in questura, come in alcuni momenti si sia temuto che la situazione potesse degenerare fino a provocare vittime. Tanto che ad un certo punto, quando si è capito che le «cariche» non sarebbero servite a placare gli attacchi, si è deciso di alleggerire la pressione, di provare a rompere il fronte delle forze dell’ordine nella speranza che la maggior parte delle persone giunte nella piazza cominciasse a defluire. Tutto inutile. La guerriglia è degenerata ulteriormente, un blindato dei carabinieri è stato dato alle fiamme. E le «cariche» sono ricominciate, mentre i teppisti si spostavano in altre strade per devastare ancora. Fino a tarda sera. Quando i veri «indignati» erano ormai lontani e sconfitti da chi è riuscito a rubare loro la scena nella maniera peggiore.


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