Così Higgins si è preso l’Irlanda

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DUBLINO – Fra i tre litiganti, il quarto gode. Nell’elezione presidenziale più inconsueta della storia irlandese, con una star della tivù, un ex-comandante militare dell’esercito clandestino nord-irlandese dell’Ira e un attivista dei diritti dei gay a dominare l’intera campagna elettorale, prevale alla fine il candidato in apparenza più fidato, tranquillo e convenzionale: Michael Higgins, 70 anni, laburista, ex-ministro della Cultura.
Una serie di scandali e polemiche negli ultimi dibattiti televisivi e comizi hanno messo progressivamente in crisi i protagonisti che avevano simboleggiato quanto sia cambiata l’Irlanda di oggi rispetto allo stereotipo del paese ultra-cattolico, bigotto, retrivo del passato, premiando in Higgins una figura più tradizionale. Ma tanto tradizionale, a ben guardare, non è nemmeno il vincitore, noto nell’Isola di Smeraldo come poeta, documentarista e difensore dei diritti umani, oltre che sostenitore del rock, della contraccezione della nascite, del divorzio e della depenalizzazione dell’uso di droghe leggere come la marijuana. Secondo i risultati definitivi del voto, l’ex-ministro e deputato laburista ha ottenuto oltre un milione di voti, affermandosi con il 40 per cento dei voti, davanti all’uomo d’affari e presentatore televisivo Sean Gallagher con il 29, all’ex-capo dell’Ira Martin McGuinness con il 14 e al militante dei diritti omosessuali David Norris con l’8.
Nato a Limerick da famiglia poverissima, Higgins fu affidato dai genitori quando aveva pochi anni di vita a uno zio che lo ha allevato come fosse suo figlio. Ha lavorato dapprima come commesso in un negozio, finché l’incontro con un benefattore colpito dalla sua vivace intelligenza gli ha permesso di riprendere gli studi, laurearsi in Lettere e filosofia e vincere una cattedra all’università  di Dublino. A quel punto ha intrapreso la politica, inizialmente in un partito moderato, poi in quello laburista in cui ha fatto rapidamente carriera, distinguendosi in particolare per la sua arte oratoria, fino a occupare il posto di ministro della Cultura per circa un decennio fra gli Anni ’80 e i ’90. Ma contemporaneamente ha seguito anche un altro percorso, al di fuori dei partiti, affermandosi come poeta di valore e scrittore, girando apprezzati documentari per la televisione, battendosi per la difesa della lingua irlandese e riuscendo a fondare la prima rete tivù in gaelico. È anche diventato uno dei leader nazionali irlandesi nel campo dei diritti umani criticando aspramente gli Stati Uniti per la guerra in Iraq e Israele per il blocco di Gaza.
Si è impegnato con altrettanta determinazione per liberare l’Irlanda dal peso oppressivo della chiesa cattolica sulla società  civile lottando per una legge che permettesse il divorzio e l’uso dei contraccettivi. È stato pure un simbolo della campagna per depenalizzare l’uso privato della marijuana, confessando di avere fumato spinelli, «e io ho anche inalato», disse all’epoca per distinguersi da Bill Clinton, celebre per avere dichiarato durante le campagna per la Casa Bianca di avere provato erba ma «senza inalare». Infine è il presidente di una squadra del campionato di calcio irlandese, il Galway United, e il soggetto di una canzone, Michael D. rocking in the dail, della popolare rock band “The saw doctors”: ennesimo segno della sua fama di politico anticonformista e bohemmienne.
«Ho preso più di un milione di voti (su un elettorato di 3 milioni e mezzo, ndr) ma sarò il presidente di tutti», dice ora Higgins. Sebbene il suo sia un incarico più che altro cerimoniale, la vittoria del poeta laburista offre al centrosinistra irlandese la speranza di conservare il potere, nonostante il terremoto finanziario che ha pesantemente colpito l’economia nazionale.


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