Chrysler-sindacati, accordo sul contratto

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NEW YORK – Alla fine ha vinto il Re, Bob King, il capo del sindacato che in America conta ancora. Sergio Marchionne aveva detto che i contratti strappati in General Motors e Ford erano «eccessivamente generosi»: ma dopo a quell’accordo ha dovuto piegarsi anche lui. Per carità , la chiusura di un contratto dovrebbe essere per definizione una vittoria di entrambe le parti. Ma era stato proprio il ceo di Chrysler, nonché amministratore delegato di Fiat, a frenare sull’aumento della paga minima. Ed era stato sempre lui a spingere all’inizio sull’acceleratore del trattamento differenziato: come se questa non fosse Detroit, come se i contratti delle tre Big – anche di quella più piccola come Chrysler, appunto – non fossero sempre stati incanalati sullo stesso nastro.
La Chrysler è l’ultima a firmare il nuovo contratto: 3.500 dollari di bonus, incremento della paga minima solo per i nuovi assunti e i vecchi “contratti di ingresso”, nuovi investimenti. I tre principi illustrati dunque nell’accordo che ha fatto da apripista, quello con General Motors, e poi riconosciuti anche in quello della Ford. La Gm lo ha già  votato, le cose non sembrano andare a dire il vero benissimo in Ford, dove gli operai mugugnano e potrebbero clamorosamente bocciarlo. Il voto in Chrysler è appena cominciato e l’azienda ha naturalmente rimandato ogni commento al dopo. Ma Re King alla fine ha vinto perché saggia si è dimostrata la scelta di interrompere le trattative che traccheggiavano sotto i no di Marchionne. L’italocanadese gli aveva anche scritto una letterina dispettosa: mi hai abbandonato proprio quando ci eravamo promessi di trovare l’accordo. Il sindacalista ha invece preferito ricominciare dalla più ricca GM per poi costringere le altre due big a seguire.
Certo: il bonus strappato è di 1500 dollari inferiore a quello della Gm e addirittura 2500 dollari più basso di quello di Ford. Però l’incremento della paga minima (da 14,65 dollari all’ora a 15,58, per raggiungere i 19,28 nel 2015) qui si farà  sentire di più visto che gli operai finora trattati quasi da serie B (guadagnano esattamente la metà  degli altri, il prezzo pagato dai sindacati prima della crisi) sono l’11 per cento della forza lavoro, contro il 5 per cento di Gm e l’ottantina appena di Ford. Anche gli investimenti sono del resto in tono minore: ai 4 miliardi e mezzo di investimenti promessi andrebbero sottratti i 2 miliardi e mezzo già  annunciati l’anno scorso. Chrysler, poi, creerà  solo 2.100 nuovi posti di lavoro rispetto ai 6.400 di Gm e 12.000 di Ford. Ma stavolta lo riconosce pure King che «la situazione qui è quella finanziariamente meno robusta». Per il sindacato è comunque una vittoria importante due volte: per tenere in vita Chrysler, ai tempi della bancarotta, aveva rinunciato due anni fa allo sciopero, potenzialmente stringendo ancora di più il manico del coltello nella mano di Marchionne.
Prima del nuovo contratto, il costo all’ora di un operaio Chrysler era sceso dai 76 dollari del 2007 a 48, molto meno dei 56 dollari di Gm e dei 58 di Ford. Ma mentre le altre due big macinano già  profitti, la casa di Auburn Hills squaderna ancora 254 milioni di perdite, al netto certo del debito di 7 miliardi e mezzo già  ripagato. Il Re King ha vinto: ma la vera battaglia, per la Crhysler di Marchionne, comincia adesso.


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