by Sergio Segio | 5 Ottobre 2011 6:23
La decisione della società americana era nell’aria, era attesa, ed in qualche modo in parte già scontata. Ma il triplo balzo all’indietro, da Aa2 a A2, ha scombussolato le cose dando spazio a maggiori timori. Perché si tratta di un vero e proprio salto di categoria per la valutazione del debito sovrano del Paese, in quanto il precedente rating annoverava l’Italia nella categoria immediatamente successiva alla tripla A, quella dei migliori. Ora siamo scesi nella classe di «media qualità ».
L’incertezza è alta e lo scenario è già così complesso e drammatico da rendere meno decifrabile e probabilmente anche meno incisivo il peggioramento del rating, che penalizza il Paese in misura consistente, pur non rivelando purtroppo nulla di nuovo o di non conosciuto sulla situazione dell’Italia, da mesi ormai sulla graticola. Ieri infatti un nuovo tracollo delle Borse, con una frenata in chiusura che ha evitato la caduta libera dei listini, ha testimoniato la paura, crescente, per un possibile default, fallimento, della Grecia dopo il rinvio a metà novembre della seconda tranche di aiuti da parte dell’Eurogruppo. Un rinvio che il mercato non ha capito e ha attribuito al perdurare dei disaccordi all’interno dell’Europa su come intervenire per salvare Atene. Così le Borse europee hanno bruciato circa 158,8 miliardi di euro: Milano ha chiuso con una perdita del 2,72%, Londra ha ceduto il 2,58%, Francoforte, la peggiore, il 2,98%, Parigi il 2,61% e Madrid l’1,54%.
A spingere al ribasso i listini sono stati i titoli bancari, anche a Piazza Affari, ancora una volta sotto pressione. Già perché, come se non bastasse la Grecia, a far tremare le piazze finanziarie sono intervenuti anche i timori per i conti del gruppo bancario franco-belga Dexia, fortemente esposto con titoli ad alto rischio tanto da fare immaginare un suo smantellamento con la costituzione di una bad bank. E poi crescono le tensioni sull’interbancario, con la Banca centrale europea che garantisce comunque alle banche la liquidità necessaria, e si diffondono sempre di più i segnali e le preoccupazioni per una ricaduta nella recessione.
Sui suoi titoli pubblici, l’Italia può contare sulla rete di protezione degli acquisti da parte della Bce, che sono continuati anche ieri in una situazione di relativa tranquillità . Lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra i Btp decennali rispetto ai Bund tedeschi di uguale durata che rappresentano i titoli meno rischiosi e quindi preferiti dagli investitori, è sceso in chiusura fino a 377 punti base, poco sopra i livelli del giorno prima, dopo essersi ampliato fino a 383 punti base. Ma in questi giorni ad essere indicativo non è tanto lo spread ma il rendimento dei titoli che è sceso ieri al 5,49% dal 5,55% del giorno prima mentre il differenziale seppure di poco si è allargato. La ragione è che sono scesi molto i rendimenti dei Bund tedeschi, gettonatissimi in questi giorni di incertezza sulla Grecia. C’è da vedere se questa “calma” resisterà all’impatto di Moody’s, cui il governo ha risposto con la riconferma degli obiettivi di bilancio presi di fronte alla Ue. E che comunque ha un’altra carta da mettere sul tavolo, il decreto sullo sviluppo per sostenere — ma bisognerà vedere in concreto le misure — quella crescita che anche Moody’s ritiene troppo debole.
L’incertezza governa comunque tutta l’Eurozona e la moneta unica, ovviamente, ne è colpita. Anche se l’euro, ieri, nonostante la bufera sulla Grecia, ha chiuso in rialzo a 1,3181 dollari, allontanandosi dal minimo di quasi nove mesi toccato a inizio seduta a quota 1,3144 dollari.
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