Bossi guarda al voto: non so quanto dura

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MILANO — «Devo salvare la Lega». Un intervento duro, a tratti indignato. Umberto Bossi riparte dal disastroso congresso di Varese. Per il leader padano, i fatti di domenica scorsa — con le contestazioni e le proteste per la designazione del segretario da lui scelto — diventano la metafora di tutti i rischi che corre il movimento. E attenzione. La cosa non riguarda il solo fronte interno, anzi: «Il Capo — racconta un fedelissimo — ormai ha rotto ogni indugio: prima si vota, meglio è. Perché lo status quo rischia di distruggere la Lega».

Bossi convoca i deputati subito dopo lo scivolone d’Aula, quando le assenze — inclusa la sua — portano alla bocciatura del rendiconto generale dello Stato. Gli eletti non sono ancora riuniti negli uffici del gruppo che dal Pdl si diffonde una voce da far sobbalzare: Silvio Berlusconi chiederà  la fiducia, e già  si è accordato con Bossi per non ottenerla. Il disegno è, appunto, quello di andare subito a elezioni, mantenere la legge elettorale e rinviare il referendum. È vero: un bel pezzo di partito teme che, caduto il governo Berlusconi, arrivi un governo tecnico sostenuto da chissà  chi e intenzionato a fare una legge elettorale chissà  come. Ma c’è chi fa calcoli diversi: «Alla Camera il giochetto potrebbe pure riuscire. Ma al Senato…».

Di questo parlano i deputati che confluiscono negli uffici della Camera. Dal canto suo, il «Capo», con i cronisti taglia corto. Vien giù il governo? «Per adesso non viene giù nulla». E se non ora, quando? «Non so quanto durerà , non sono un mago». Il governo battuto? «Un infortunio, nulla di politico». Quanto all’assenza di Tremonti, «c’era una riunione sulla manovra…».

Eppure, Bossi, di tutto questo con i suoi non parla. Parla di Varese. E ne parla a tutti — piemontesi e veneti, liguri ed emiliani — perché la sua vuole essere una strigliata per tutti: in troppi si sono «prestati a questo gioco messo su anche dai giornali». In ogni caso, quello che è avvenuto a Varese non può e non deve ripetersi: «Stanno tentando di spaccare la Lega dall’interno, ma non ci riusciranno. Ho capito che cosa sta accadendo, e ho deciso di intervenire in prima persona. Il partito lo faccio io». Secondo Bossi, quelli che hanno tentato di dividere il partito a Varese «sono stati i fascisti». Fascisti a cui sarebbe stato consentito di entrare nel movimento per arrivare a controllarlo attraverso tessere concesse con interessata generosità . Bossi arriva a raccontare di aver visto qualcuno delle prime file che nel tumulto della fase più concitata del congresso «faceva il saluto a braccio teso». Colpa, secondo il «Capo», del precedente segretario, Stefano Candiani. E colpa grave quella di Giancarlo Giorgetti, il segretario lombardo: quella di non aver commissariato Candiani. Il tema è quello legato alle polemiche su Terra Insubre. Un’associazione per la riscoperta del passato celtico dell’area prealpina i cui aderenti, fino a qualche tempo fa, a Varese coincidevano uno a uno con i militanti del Carroccio. I vecchi trascorsi nella giovanile del Msi dell’animatore di Terra Insubre, l’avvocato Andrea Mascetti, spingono Bossi a parlare di «fascisti». Anche se, a onor del vero, nelle associazioni vicine al Movimento sociale hanno militato in gioventù anche Giancarlo Giorgetti e lo stesso Marco Reguzzoni.

Ma l’avvertimento di Bossi va oltre. E in un silenzio tombale scandisce: «Ci sono tante cose che non mi sono piaciute, ma nessuno si faccia illusioni: sia chiaro che le liste per le prossime elezioni le faccio io e terrò in considerazione quello che è accaduto in questi mesi».


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