Blitz delle forze speciali inglesi liberi i marinai rapiti in Somalia

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UN MESSAGGIO in una bottiglia di plastica. Così i marinai della “Montecristo” ieri, poco dopo le 13, hanno comunicato con i soldati inglesi che si erano avvicinati al cargo italiano sui gommoni messi in mare dal “Fort Victoria”. Dall’interno della “cittadella” blindata dove da più di 24 ore il comandante della Montecristo aveva protetto tutto l’equipaggio, i marinai italiani prima avevano esposto uno striscione dagli oblò, «stiamo tutti bene, siamo tutti dentro». Poi la bottiglia con le informazioni sui pirati: quanti erano, dov’erano, come erano armati.

E così quella nota nella bottiglia raccolta dallo Special Boat Service ha dato un tocco apparentemente assurdo, quasi anacronistico a un’operazione che invece è stata realizzata con abbondanza di tecnologia, comunicazioni satellitari, intelligence e soprattutto tantissima capacità  militare e marinaresca. Dirottata alle 6,30 di lunedì mattina, dalle 14 di ieri la Montecristo è libera, 11 pirati sono stati arrestati (verranno consegnati oggi alla nave comando italiana Andrea Doria) e soprattutto i 23 uomini dell’equipaggio italiani, ucraini e filippini sono in grado di poter decidere liberamente della loro vita.

In Somalia ottobre è il mese dei pirati: al largo delle coste, in tutto l’Oceano indiano, il monsone perde di potenza, e così i predoni ritrovano forza e coraggio per lanciarsi a caccia di prede. Lunedì mattina l’assalto alla Montecristo era stato abbastanza facile. Il comandante Scussat, assistito da quattro esperti di sicurezza disarmati che avevano addestrato l’equipaggio alle procedure d’emergenza, ha immediatamente ordinato a tutti di rinchiudersi nella “cittadella”. È sostanzialmente la tradizionale plancia comando della nave, ma sui mercantili che sfidano la minaccia dei pirati questa parte della nave è stata blindata e rafforzata con vetri e pannelli di ferro, in maniera da permettere all’equipaggio di resistere, comunicare e sopravvivere indenni agli attacchi per almeno 24 ore.

«Il problema è stato che i pirati, saliti a bordo dopo aver sparato anche con i lanciagranate, hanno immediatamente tranciato i collegamenti delle antenne satellitari», dice un ufficiale della Marina Militare che ha seguito il blitz realizzato dalla flotta Nato con l’accordo del ministero della Difesa italiano e di quello inglese. Per cui, dopo essere riuscito a lanciare il primo segnale di allarme, Scussat non è riuscito a far passare altri messaggi, se non a lanciare la bottiglia ed esporre uno striscione quando ha sentito i gommoni inglesi. Dall’interno della cittadella i marinai comunque hanno fatto delle scelte che hanno facilitato il blitz delle forze speciali: hanno bloccato il timone e indirizzato la nave a lento moto verso le coste dell’Oman, in direzione opposta alla Somalia impedendo ai pirati di dirigersi verso le loro basi a terra, ma soprattutto rendendo prevedibile la rotta, favorendo l’avvicinamento delle navi della Nato.

La prima a giungere in vista del Montecristo è stata una fregata americana, la Devert: non appena i pirati hanno visto l’unità  statunitense hanno capito che la partita era persa. Per provare ad alleviare la loro posizione legale hanno gettato in mare le armi. Poi, quando gli Sbs inglesi si sono avvicinati con tre gommoni e un elicottero, i pirati si sono raggruppati e arresi immediatamente. Sapevano bene che da lontano le forze speciali della Nato nel momento dell’arrembaggio non avrebbero perso tempo a sparare se avessero visto un solo accenno di reazione.

Ultimo particolare: i marinai si erano asserragliati talmente bene all’interno della cittadella che ci sono volute ore per dissaldare le paratie di ferro saldate su finestroni e boccaporti. L’armatore livornese D’Alesio attende i suoi uomini a Livorno: la Montecristo potrebbe far tappa in un porto dell’Oman per ridare forza all’equipaggio e riparare i danni. Poi, con un nuovo equipaggio, rotta verso il Vietnam, a consegnare il carico imbarcato.


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