Aumentano le vendite online, il resto è fermo
Dove naturalmente la parola-chiave è «modesto», visto che la crescita del giro d’affari del settore librario si traduce alla fine in un misero + 0,3 per cento. Ma dopo «due anni di flessione», cioè di crisi nera e galoppante, ce n’è abbastanza per cantare vittoria. Il problema è che le cifre che si possono leggere nel Rapporto sotto quel «modesto segno più» (crescita minuscola dopo il crollo del -4,9 per cento nel 2009) indicano come le difficoltà siano tutt’altro che finite.
Ancora praticamente inesistente, per esempio, il mercato degli e-book, sul quale si appuntavano le speranze degli operatori: anche qui gli analisti dell’Aie velano discretamente la realtà , affermando che «cresce il peso del comparto e-book». Di fatto, alla fine del 2010, la percentuale dei libri digitali sul fatturato complessivo del settore non superava lo 0,04%, anche se il Rapporto – forse non esagerando troppo – sostiene che a dicembre 2011 il giro d’affari degli e-book dovrebbe attestarsi sui 3-4 milioni di euro, un risultato non troppo disastroso se si tiene conto che l’Italia è partita tardi su questo mercato, ma comunque inferiore alle stime elaborate lo scorso anno. E sempre a proposito degli e-book, secondo i dati raccolti dall’Aie i titoli disponibili sarebbero attualmente poco meno di ventimila, e quasi quattrocentomila gli e-reader venduti nel paese entro il giugno di quest’anno.
Ma è la produzione nel suo complesso a diminuire: per il terzo anno consecutivo il numero di titoli pubblicati e le copie stampate e immesse nei canali di vendita sono inferiori rispetto ai dodici mesi precedenti, tanto che i prudentissimi analisti dell’Aie si azzardano ad affermare che «ormai quello che poteva ancora apparire come un fenomeno congiunturale inizia a configurarsi come strutturale dell’editoria italiana». Calano dunque i titoli (erano 58.829 nel 2009 e sono diventati 57.558 nel 2010, «cui però – precisa il rapporto – vanno verosimilmente aggiunte qualche centinaia di titoli self published») e calano le copie (dai 213 milioni del 2009 ai 208 milioni del 2010). Ma a osservare la situazione più da vicino, si scopre che alcuni segmenti si salvano – è il caso dei libri per bambini e ragazzi che a dispetto della crisi continuano a aumentare (+9,2% i titoli, + 9,3% a copie) – e altri invece sono sul punto di essere inghiottiti in un buco nero che ha tutte le fattezze di Internet: così è per i dizionari che perdono rispettivamente, in copie e in titoli, il 49,1 per cento e il 14,2 per cento, per i libri di marketing ed economia aziendale (-52,7 per cento e -43,9 per cento), e infine – paradossale ma non troppo – per i libri di informatica (- 84,0 per cento e -38,4 per cento).
E se non molto c’è da dire a proposito dei dati sulla lettura, sostanzialmente stabili (anche se il Rapporto non manca di rilevare come adesso coloro che leggono almeno un libro l’anno equivalgano addirittura al 46,8 per cento, essendo aumentati di un vertiginoso 1,7 per cento sul 2009), più interessanti sono le cifre relative ai canali di vendita: anche se, tanto per cambiare, gli analisti esordiscono scrivendo che «tiene bene la libreria», si fa presto poi a scoprire che l’affermazione non vale per tutti: diminuisce infatti del 2,8 per cento il peso delle librerie indipendenti, «a conduzione famigliare», mentre sale del 2,9 per cento quello delle librerie di catena. Ma soprattutto crescono, e di molto, le vendite on line: un aumento del 25 per cento che, secondo gli analisti Aie, non è dovuto solo all’ingresso di nuovi operatori (Feltrinelli.it e Amazon.it) o alle politiche di promozione, ma soprattutto a cambiamenti nei comportamenti d’acquisto da parte del pubblico.
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