Atene pressa la “troika”: tranche di aiuti assicurata
Atene lotta contro il tempo per sbloccare gli 8 miliardi di aiuti internazionali necessari per evitare il default ma i negoziati con la Troika Ue-Bce-Fmi – malgrado l’ottimismo del ministro delle finanze Evangelis Venizelos – sembrano essersi arenati sui tagli al pubblico impiego. Bruxelles e Washington chiedono di mettere in cantiere 30mila esuberi entro fine anno per arrivare a ridurre di un quinto i 730mila dipendenti statali ellenici entro il 2015. Il governo Papandreou, alle prese con la tensione sociale nel paese e qualche scricchiolio nel partito di maggioranza, vorrebbe seguire una linea più morbida: il collocamento in mobilità solo degli impiegati alle soglie della pensione. Una soluzione di compromesso che l’Europa e il Fondo monetario vedono (almeno per ora) come fumo negli occhi.
Il premier George Papandreou ha convocato per oggi un consiglio dei ministri straordinario per provare a trovare la quadratura del cerchio. L’impresa non è semplice. Sul tavolo dell’esecutivo ci saranno infatti sia il piano per la cura dimagrante della pubblica amministrazione che l’intero bilancio 2012. Il presidente del Consiglio, reduce dagli incontri con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, dovrà provare a convincere i suoi colleghi, dribblando i mal di pancia di diversi ministri che in più di un’occasione, nei giorni scorsi, si sono espressi contro le nuove misure richieste dalla Troika. Il problema è che la maggioranza in Parlamento ha un margine risicatissimo (154 seggi su 300) e bastano quindi poche defezioni per far saltare il governo e far precipitare la Grecia nel caos.
Il tempo non è molto. Bilancio e nuovi tagli andranno all’esame dell’aula già domani. E Bruxelles e Washington seguiranno il dibattito con il fiato sospeso. «Con tutti i sacrifici che abbiamo chiesto ai nostri concittadini, la sesta tranche di aiuti è scontata», ha detto ieri Venizelos in un’intervista. Un desiderio più che un vaticinio, dicono molti osservatori, visto che senza i soldi degli organismi internazionali Atene, a meno di miracoli, non avrà la liquidità necessaria per pagare gli stipendi statali a fine mese.
Dopo l’approvazione del Fondo salvastati da parte del Bundestag, intanto, i falchi tedeschi sembrano essere tornati ad alzare la voce. Ieri è stato il turno di Josef Ackermann, numero uno di Deutsche Bank. «Il piano del 21 luglio non può essere cambiato – ha ribadito – . Altrimenti si rischia di perdere il consenso dei privati». I privati in questione sarebbero le banche, che hanno accettato un taglio del 21% ai loro crediti con la Grecia ma che temono di andare incontro a sacrifici ben più onerosi.
L’impressione però è che a meno di colpi di scena nel Parlamento ellenico, la Troika, alla fine, farà di necessità virtù sbloccando la sesta tranche di aiuti. Se non altro perché un crac non controllato di Atene farebbe danni incalcolabili. Qualche settimana di tempo in più, invece, consentirebbe a Bruxelles di mettere in sicurezza il sistema bancario per poi, eventualmente, gestire un default con il paracadute per il Partenone.
Papandreou intanto continua il giro delle sette chiese per cercare investitori disposti a puntare sul suo paese. Il governo si è impegnato a mandare in porto 50 miliardi di privatizzazioni entro il 2015 (4,7 entro la fine di dicembre) ma la crisi dei mercati ha reso questa strada in salita. L’unica operazione andata in porto finora è l’allungamento della concessione della Opap (lotterie) per 975 milioni. Una mano potrebbe darla il Qatar. Il premier ellenico ha incontrato ieri lo sceicco Hamad bin Khalifa Al-Thani che ha già preso una quota in una banca locale e in passato aveva mostrato interesse per lo sviluppo turistico nell’area dell’ex aeroporto di Atene. Se sono rose (e se la Grecia non fallirà prima) fioriranno.
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