Arresti differiti e fermi preventivi Ecco il piano del Viminale

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ROMA — Applicare ai manifestanti le stesse leggi già  approvate per combattere il tifo violento. Sembra essere questa la strategia del Viminale dopo gli scontri violenti di sabato scorso a Roma. Un «pacchetto» di norme che il ministro dell’Interno Roberto Maroni vorrebbe mettere a punto nelle prossime settimane e poi portare al Consiglio dei ministri, pur consapevole che la strada per l’approvazione non sarà  semplice perché trovare un accordo su una materia così delicata è tutt’altro che scontato. Anche tenendo conto che la sua scelta di aderire alla linea di Antonio Di Pietro ha già  fatto emergere divisioni tra l’Idv e il Partito democratico. E dunque si lavora su quanto è già  previsto in altri settori. Oppure su quelle misure già  in vigore in altri Paesi come l’utilizzo delle vernici colorate per «marchiare» i teppisti.

La necessità  di poter fermare le persone anche nei giorni successivi ai cortei è certamente la misura più urgente da prendere, quella che da tempo viene richiesta dalle forze dell’ordine. Proprio come accade dopo le partite di calcio, spesso l’esame dei filmati fornisce infatti gli elementi utili all’individuazione dei più facinorosi. Se ciò avviene entro 48 ore dall’evento può quindi scattare il cosiddetto «arresto differito». Vuol dire che si procede come se si fosse in flagranza di reato: le immagini diventano elemento indiziario e valgono come nel momento in cui sono state girate. Ed è proprio in questo contesto che è stato chiesto di poter utilizzare in piazza anche le vernici colorate all’interno degli idranti.

È noto che questo tipo di apparecchiature è vietato, ma può essere impiegata con una deroga specifica del ministro dell’Interno, proprio come è avvenuto sabato scorso. Introducendo il liquido che macchia, si avrebbe la possibilità  di rintracciare già  tra la folla coloro che si sono scontrati con le forze dell’ordine. Ma anche di identificarli nelle 48 ore successive, visto che questo tipo di colorante svanisce dalla pelle in un lungo periodo. È un’ipotesi, neanche la più probabile. Perché già  in passato, terminata la fase emotiva che segue episodi drammatici, è apparso impossibile trovare un accordo politico che consentisse un’approvazione rapida delle nuove norme. E invece si ritiene importante intervenire in fretta, dunque limitando al massimo i cambiamenti ma potendo contare su una larga maggioranza parlamentare.

In questo quadro si inserisce la discussione sull’introduzione della norma che prevede il «fermo preventivo». In sostanza, qualora ci siano indizi che fanno ritenere possibile la partecipazione ad un evento, polizia e carabinieri possono portare l’indiziato in commissariato o in caserma per un periodo che varia tra le 48 e le 96 ore. Per fare un esempio pratico, si può pensare all’intercettazione telefonica o ambientale tra due persone che pianificano la partecipazione violenta a un corteo. In quel caso — in presenza di elementi di riscontro che dimostrino quantomeno la fondatezza dell’intenzione — le forze dell’ordine possono procedere, naturalmente dopo aver avvisato il pubblico ministero che dovrà  eventualmente sollecitare poi la convalida del provvedimento.

Tra le misure allo studio degli uffici legislativi c’è anche quella per imporre di processare le persone fermate durante gli scontri di piazza sempre con rito direttissimo. Una procedura che rischia però di essere ritenuta incostituzionale. Poco utile, secondo gli esperti, sarebbe invece la scelta di aggravare le pene mentre viene ritenuta efficace l’eventuale decisione di prevedere figure di reato specifiche. In ogni caso il percorso legislativo non appare affatto breve, anche tenendo conto delle difficoltà  mostrate dalla maggioranza per approvare altre leggi calendarizzate già  da tempo.


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