Amnesty denuncia gli abusi degli insorti

by Sergio Segio | 14 Ottobre 2011 6:55

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Sarà  anche vero, come ha detto ieri il presidente Obama parlando della «nuova Libia», che il cammino dalla dittatura alla democrazia «è sempre incerto e pieno di pericoli» ma che alla fine «lo spirito umano» vincerà . Intanto, però, in attesa della vittoria finale dello spirito umano e della democrazia, su quel cammino appaiono tutte le incertezze e tutti i pericoli.
In molti in Occidente e negli Usa chiudono gli occhi e fingono di non vederli (solo una domanda: cosa dicono, cosa fanno le democrazie occidentali, l’Onu, la Nato, così sensibili alla «protezione dei civili» libici minacciati da Gheddafi, sulla sorte dei civili libici intrappolati a Sirte senz’acqua, luce, cibo, medicamenti, e bombardati con bombe e missili dai miliziani della «nuova Libia»?).
In molti. Ma non Amnesty international (per fortuna, bisogna dire). Ieri Ai ha presentato un rapporto dal titolo «Detention Abuses Staining the New Libya», che vuol dire Abusi sui detenuti che macchiano la nuova Libia. Abusi di tutti i tipi e ben noti, grosso modo gli stessi di cui Amnesty accusava in passato la «vecchia Libia», quella di Gheddafi: torture con bastoni, fruste cavi, tubi di gomma, calci dei fucili per «estorcere confessioni o come forma di castigo», detenzioni a casaccio (spesso legate al colore, nero, della pelle) senza alcun ordine e controllo giudiziario, violenze sessuali su donne e uomini e via andare.
L’equipe di Amnesty ha trovato e verificato questo stato di cose dopo una permanenza in Libia dal 18 agosto al 21 settembre e dopo aver visitato 11 luoghi di detenzione a Tripoli e dintorni, Misurata e as Zawiya, e dopo aver intervistato 300 detenuti.
Il rapporto afferma che in una prigione i visitatori hanno trovato sparsi a terra gli strumenti di tortura e hanno potuto udire i sibili delle frustate e le urla di dolore in un locale lì accanto. Hanno raccolto la testimonianza di due guardie che hanno ammesso di aver picchiato dei detenuti , e di un ragazzo di 17 anni del Ciad, quindi nero, che ha raccontato di essere stato pestato a sangue perché volevano fargli confessare di essere uno stupratore e un mercenario di Gheddafi (e, alla fine, per farli smettere, «ho detto quello che volevano sentire: che avevo stuprato donne e ucciso insorti»).
Hanno verificato che nelle carceri di Tripoli e As Zawiya sono stipati almeno 2500 prigionieri, la maggior parte di loro presi a casaccio, per strada, negli ospedali, senza che a nessuno di loro sia stato mostrato un mandato di cattura. Soldati e miliziani di Gheddafi, forse, chissà ; neri subsahariani che potrebbero essere mercenari o migranti; libici neri del sud. Tutti, appena presi, pestati a sangue nella cerimonia nota come «il benvenuto», poi lasciati lì a marcire in attesa che la guerra finisca e la «transizione» verso lo spirito umano e la democrazia, inizii.
Il «presidente» del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel Jalil, ha detto che si aspetta solo la caduta di Sirte (finora sempre rinviata ma questione di giorni, «meno di una settimana»), per proclamare «la liberazione della Libia» e avviare in «meno di un mese» la formazione di un «governo transitorio». Ma è lo stasso Abdel Jalil che nelle settimane e mesi scorsi, di fronte all’evidenza di ogni sorta di abusi contro «i gheddafiani» e i civili, ha detto e ripetuto che «non saranno più tollerati e che saranno tutti investigati» (e puniti?). Se lo dice lui che per anni e anni è stato prima procuratore capo dei tribunali gheddafiani e poi ministro della giustizia di Gheddafi…
Si può capire, come afferma Amnesty, che le nuove autorità  si trovino di fronte a «molte sfide», ma è chiaro che «se non compiono un chiaro gesto di rottura con il passato» staranno dicendo al mondo che questo trattamento sui detenuti sarà  quello «tollerato nella Nuova Libia». «Il Cnt deve agire rapidamente per rendere effettivi i suoi impegni pubblici – ha aggiunto Hassiba Hadj Saharoui, di Ai -, prima che questi abusi prendano piede e macchino il nome della nuova Libia sui diritti umani». Intanto si dovrebbero mettere subito le carceri sotto il controllo del ministero della giustizia.
E’ almeno da settembre che le denunce contro abusi sui vinti gheddafiani o presunti tali si moltiplicano (prima di Amnesty era stata la volta di Human Rights Watch), il Cnt aveva ammesso l’esistenza del «problema». Ma da allora la situazione, in tutta evidenza, è peggiorata.
Adesso, parole di Abdel Jalil, il momento di svolta è la caduta di Sirte. Dove però i 2000 gheddafiani, completamente accerchiati (ieri gli insorti hanno annunciato di aver tagliato anche la strada costiere, l’ultima via di fuga), resistono e sono riusciti a respingere indietro le milizie del Cnt che hanno cominciato a bombardare «con armi pesanti». E con tanti saluti alle migliaia di civili ancora in città .
Ieri si era diffusa anche la notizia della cattura, a Sirte, di Mutassim, uno dei figli di Gheddafi. Ma poi è stata smentita o «non confermata».

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