Altri due occidentali rapiti in Somalia dalle milizie Shabab

by Sergio Segio | 26 Ottobre 2011 6:54

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Attacco a terra dei pirati somali che ieri pomeriggio nell’ex colonia italiana, a Galkayo, poco più di 250 chilometri dal mare, hanno sequestrato due cooperanti, una trentaduenne americana (si sa solo il nome, Jessica) e un sessantenne danese, dell’organizzazione Danish Deminig Group, che si occupa di sminamento. I due occidentali, rapiti assieme a un loro collega somalo, vivono a Nairobi, in Kenya, ed erano giunti a Galkayo per partecipare a un seminario; terminati i lavori stavano raggiungendo l’aeroporto per tornare a casa. Viaggiavano in un convoglio di tre automobili, una delle quali carica di uomini armati di scorta. Ciononostante gli assalitori, giunti su due fuoristrada, non hanno trovato alcuna resistenza. Fermate le tre auto e catturate le loro prede, sono ripartiti verso Obbio, uno sei santuari dei pirati sull’Oceano Indiano.
Galkayo è una città  divisa da un wadi, cioè un fiume senz’acqua durante la stagione secca. A nord è controllata da forze migiurtine del clan Omar Mamoud, fedeli al governo della regione semiautonoma del Puntland, a sud da miliziani della tribù Galmudug. Le due cabile sono in perenne conflitto, ma poche settimane fa hanno raggiunto una tregua. Secondo un collaboratore del Corriere nella città , il convoglio con gli occidentali ha attraversato la linea verde che separa i due settori per raggiungere l’aeroporto che è a est. Vicino allo scalo l’assalto e la cattura.
Comunque la situazione in Somalia appare sempre più confusa: continua lo stillicidio di rapimenti di stranieri. Criminali comuni, probabilmente, ma che il Kenya accusa di godere della protezione degli Shabab, i miliziani islamici che controllano gran parte dell’ex colonia italiana e sostengono di essere la filiale di Al Qaeda nell’Africa Orientale.
Il 13 ottobre nel campo profughi di Dadaab, in Kenya sono state prese in ostaggio due giovani cooperanti spagnole, portate e tenute in custodia in Somalia (il confine dista un centinaio di chilometri).
Due giorni dopo, Nairobi ha inviato un contingente armato (oltre 1.500 uomini) con blindati, carri armati, elicotteri e aerei oltre la frontiera all’inseguimento dei banditi che fino quel momento sembrava avessero in mano due donne, un’inglese, Judith Tebbut, rapita l’11 settembre in un villaggio keniota di lusso (nell’azione era rimasto ucciso il marito che voleva proteggerla), e una francese, Marie Dedieu, catturata il primo ottobre a Lamu, un villaggio sulla costa dell’ex colonia britannica. Purtroppo Marie, molto malata, paralizzata e non in grado di essere autosufficiente è morta durante la prigionia.
Le forze keniote sono avanzate all’interno della Somalia lentamente anche per le piste allagate per la pioggia e hanno bombardato lo strategico porto di Chisimaio, importante base degli Shabab.
Per altro gli islamici negano qualunque connessione con la criminalità  cui addossano le responsabilità  dei rapimenti e dei sequestri di navi. Secondo i rapporti dell’Onu è vero che gli integralisti non partecipano in prima persona, ma tollerano e trattengono a mo’ di tassa una parte del denaro raccolto con le attività  criminali.
L’incursione delle truppe keniote ha provocato la reazioni degli Shabab che hanno immediatamente minacciato ritorsioni terroristiche. A Nairobi lunedì ci sono stati due attentati: il primo, in un nightclub del centro, ha provocato una ventina di feriti; poi una granata lanciata contro un matatu (i minibus privati che assicurano i trasporti pubblici) ha causato tre morti e diciotto feriti, un bilancio contenuto dal fatto che il terrorista ha sbagliato mira. Questi attentati non sembrano pianificati a dovere ma piuttosto organizzati da «non professionisti». Quelli che si temono sono attacchi suicidi. Tra i possibili obbiettivi anche l’ambasciata italiana che è situata a International House, un grattacielo nel centro della capitale già  indicato come obbiettivo alcuni mesi fa.

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