by Sergio Segio | 31 Ottobre 2011 7:09
ROMA — Lei ha paura? gli ha chiesto ieri a bruciapelo la giornalista Maria Latella su Sky Tg24. Perché in Italia — era stata questa la premessa fatta dall’intervistatrice — chi ha toccato la questione lavoro, in passato, ha fatto una brutta fine. Come Marco Biagi, il giuslavorista assassinato a Bologna il 19 marzo 2002 dalle Nuove Brigate Rosse. Lei ha paura, signor ministro? Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, criticato dai sindacati e dalle piazze per il suo piano sui licenziamenti, a quel punto, parlando di Biagi, l’ha chiamato per nome: «Il povero Marco». Eppoi, esplicitamente, sul rischio di un ritorno del terrorismo, ha risposto: «Ho paura, sì, ma non per me, perché io sono protetto. Ho paura invece per le persone che potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che nel nostro Paese non si è del tutto estinta». Come Marco Biagi, appunto, che era senza scorta.
Autunno caldo, anni di piombo, crisi, austerity, fantasmi che ritornano: «Prima che ci scappi il morto mandiamo a casa questo governo», disse un mese fa il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. Poi, il 15 ottobre, il giorno dei black bloc, a Roma il morto per poco non ci scappò davvero. «Oggi — ha detto Sacconi — dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata, vedo una sequenza che mi auguro non arrivi ancora una volta all’omicidio, come è accaduto l’ultima volta proprio con il povero Marco (Biagi, ndr), nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella attuale».
Tornerà il terrorismo, dunque? «Le affermazioni del ministro sono preoccupanti — ha detto ieri il segretario della Cgil, Susanna Camusso, a Lucia Annunziata su Rai Tre —. Mi auguro che Sacconi parli di certe cose perché ha elementi e non lo faccia invece per inquinare un clima già difficile. Questi temi vanno trattati con cautela, sennò poi si rischia di invocare gli accadimenti. E se ci sono elementi, allora, è utile che si dotino le forze dell’ordine dei mezzi per proteggere le persone, invece di pensare a tagliare i fondi. La temperatura delle fabbriche, comunque, non sta salendo…». Anche il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, pensando alla proposta di Sacconi sui licenziamenti, è molto duro: «Invito il governo a spegnere la miccia che ha acceso e a mettersi a ragionare seriamente, evitando diversivi e alzate di ingegno che aggravano la situazione invece di risolverla».
Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, è perentorio: «La Procura di Roma convochi immediatamente il ministro per verificare su quali elementi siano basate le sue dichiarazioni». E Olga D’Antona, che ha avuto la vita segnata dal terrorismo, perché i brigatisti il 20 maggio 1999 a Roma le uccisero suo marito sotto casa, il professor Massimo D’Antona, riformista come Biagi, taglia corto: «Purtroppo il rischio del terrorismo c’è, è reale — osserva la deputata del Pd — ma Sacconi farebbe bene a non evocarlo e soprattutto a non creare spaccature come quelle che ha già creato nel mondo del lavoro».
Un altro giuslavorista importante, il senatore del Pd Pietro Ichino, che da anni vive sotto scorta, dice di condividere il pensiero di Susanna Camusso: «Non si può evocare il pericolo di violenza politica per comprimere il dibattito o, peggio, per accollare a chi dissente la responsabilità oggettiva di eventuali aggressioni commesse da altri». Ma poi, ai sindacati, Ichino consiglia di evitare il «tabù del questo non si tocca», perché «a volte — conclude il professore — è una tecnica che ha l’effetto, anche se non voluto da chi la pratica, di demonizzare chi osa violare il tabù».
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