UNA PATRIMONIALE PER RILANCIARE IL PAESE

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Nel frattempo bisogna dare una prospettiva al Paese e noi pensiamo che le risorse per il risanamento e la crescita si debbano reperire da una seria tassazione delle grandi ricchezze, dei grandi immobili e da un contributo di solidarietà  sui redditi alti ed una rigorosa lotta all’evasione fiscale che non guardi in faccia a nessuno. La straordinaria partecipazione allo sciopero dello scorso 6 settembre testimonia, l’ampia condivisione di una politica di giustizia fiscale.
Confindustria non può pensare che la crescita della nostra economia possa derivare dall’allungamento dell’età  pensionabile. Infatti il fondo lavoratori dipendenti è in equilibrio e non può essere intaccato per fare cassa. Soprattutto, se crescita significa occupazione, non si può allungare l’attesa dei giovani per l’ingresso al lavoro: il teorico risparmio dell’età  pensionabile è in realtà  un gigantesco costo che produce disoccupazione femminile e giovanile e dispersione all’estero delle intelligenze.
Parlare di crescita non significa parlare solo di Pil, ma di lavoro, di occupazione, di qualità  dei servizi, di sostenibilità  ambientale. È indispensabile un piano per l’occupazione giovanile e la stabilizzazione del precariato. Lo si può aiutare con la riduzione del carico fiscale sulle aziende e con incentivi all’assunzione e alla stabilizzazione. Lo si può finanziare con il ripristino di una tassa di successione che non escluda i patrimoni societari.
L’obiettivo della crescita e della coesione sociale passa per un riconoscimento alle Regioni ed alle Autonomie Locali della loro funzione: welfare è sviluppo e gli investimenti li produce il territorio.
Per questo con loro occorre ragionare di qualificazione e stabilizzazione del lavoro pubblico e di qualificazione dei servizi pubblici locali. Non in una logica di privatizzazione e smantellamento, come sembra indicare Confindustria, ma di riorganizzazione e concentrazione.
Il potenziamento e la qualificazione del trasporto pubblico locale può rappresentare una filiera con cui modernizzare intere aree, sfruttare le capacità  tecnologiche e industriali nazionali, produrre, difendere e favorire l’occupazione e la mobilità  dei cittadini. Per fare ciò sono necessarie risorse adeguate, politiche mirate e coinvolgimento delle istituzioni locali, di tutti gli operatori locali e nazionali. In materia di Tpl proponiamo alle Regioni che svolgano una funzione di indirizzo e pianificazione costituendo un’unica società  integrata per ogni Regione.
La crescita è possibile solo in una logica unitaria che assuma l’emergenza meridionale come priorità  assoluta. La crisi minaccia interi settori produttivi e può produrre la deindustrializzazione di intere Regioni (a partire dalla Campania, dalla Sardegna e dalla Sicilia). La latitanza del Governo su questo tema è stata scandalosa e ha concorso al declino e al degrado del Paese. La responsabilità  di una classe dirigente impone che le grandi imprese nazionali si facciano promotrici di un disegno che produca la difesa degli insediamenti e nuovi investimenti nel Mezzogiorno. Finmeccanica ed Eni sono chiamate a «fare la loro parte» di grandi gruppi a controllo pubblico con responsabilità  sociali oltre che interessi aziendali cui rispondere, senza cedere a nessun richiamo di secessione nel Paese.
Quest’idea di Crescita presuppone occupazione stabile e qualificata, nonché un sistema di diritti e regole certe; facendo la nostra parte abbiamo definito l’accordo interconfederale del 28 giugno. Per lo stesso motivo siamo impegnati a cancellare l’articolo 8 della manovra, emblematico della negazione dello sviluppo da parte del Governo che pensa si possa cancellare il Diritto del Lavoro.
*segretario generale Cgil


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