Un prestito forzoso decennale è migliore della tassa sui patrimoni

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L’Eurozona è forse persino in migliori condizioni, le finanze pubbliche meno degradate di quelle americane. Tuttavia, per ora, il suo sistema di governance è tale che nessuna istituzione ha la sovranità  necessaria per finanziare gli Stati membri, che non hanno sovranità  monetaria. La Bce non può intervenire in base ai trattati europei. Nell’Eurozona non esiste poi una vera solidarietà  di bilancio. La sovranità  limitata degli Stati membri li colloca quindi sotto la tutela del mercato e l’impatto delle agenzie di rating.
Il caso Italia è esemplare: fondamentalmente solvibile, dotata di un patrimonio netto privato e pubblico (pro capite) tra i più alti al mondo, i mercati la trattano come se improvvisamente fosse divenuta insolvente, nonostante l’alto tasso di risparmio e un deficit contenuto. Il difficile approvvigionamento sui mercati per l’Italia nei prossimi mesi (circa 150 mld di titoli in scadenza), conferma questo paradosso. Occorre alleggerire la pressione sui titoli di Stato per dare sufficiente spazio e tempo al programma di riforme per la crescita. Come fare? Un elemento di sovranità  nazionale che gli Stati possono ancora mobilitare è la tassazione. Partiamo quindi dal dibattito su una possibile patrimoniale in aggiunta alla manovra corrente, una misura difficile da introdurre sul piano sia politico che tecnico.
La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è molto concentrata: circa il 50% in mano al 10% più ricco. Tale potrebbe essere la base imponibile di una patrimoniale. Di recente si è già  parlato della possibilità  di un intervento proattivo della parte più facoltosa del Paese, pronta a contribuire al risanamento economico e finanziario del Paese stesso. Tuttavia sarebbe rischioso procedere ad una riforma fiscale sotto la pressione del breve termine. Una patrimoniale sarebbe certo una misura di equità , ma andrebbe strutturata rispettando l’insieme del sistema fiscale per essere nel contempo giusta ed efficiente. Se tutti i Paesi europei modificassero la fiscalità  sotto la pressione delle circostanze, senza coordinamento, ne nascerebbe una acerrima concorrenza fiscale.
Come sfruttare questo elemento di sovranità , e ridare forza al Paese sui mercati, evitando però gli svantaggi di una nuova imposta? Tramite un prestito forzoso. Proponiamo quindi di introdurre un prestito forzoso decennale, nella forma di una sottoscrizione ad una o più emissioni dedicate di titoli di Stato. A parità  di gettito, tale proposta, implicando la restituzione del patrimonio a scadenza dei titoli, sarebbe più accettabile per gli interessati e anche più equa, in quanto i titoli vengono sottoscritti dai contribuenti più abbienti, ad un tasso di interesse basso, simile a quello pagato sui titoli tedeschi. Già  in Francia il prestito forzoso è stato utilizzato con successo, ad esempio dal governo Mauroy, per facilitare, nei primi anni Ottanta, il rimborso del debito estero.
Semplificando, il risultato della sottoscrizione forzosa sarebbe l’incremento di gettito derivato dall’innalzamento dell’attuale aliquota patrimoniale (in realtà  sui cespiti patrimoniali, Ici e altro) sul Pil, dall’attuale 2,1% al livello in vigore nel Regno Unito, del 4%. Ciò genererebbe nuove risorse per circa 30 miliardi di euro annui. La ricchezza delle famiglie italiane è stimata pari a circa sei volte il Pil: perciò il flusso aggiuntivo sarebbe pari a poco più dello 0,3% della ricchezza totale, un ammontare ragguardevole.
Il fabbisogno finanziario dello Stato nei prossimi 12 mesi è di circa 150 miliardi di euro, da ripartire tra autunno 2011 e primavera 2012. Di questi, i titoli a lungo termine (Btp) superano i 100 miliardi. Un prestito forzoso di circa 30 miliardi a partire dalla prossima primavera potrebbe certo contribuire ad alleggerire tale pressione in misura non marginale. Tale provvedimento potrebbe durare, in maniera irrevocabile, alcuni anni (magari la durata di una legislatura) permettendo un parziale ribilanciamento del possesso del nostro debito pubblico a favore degli investitori nazionali non istituzionali, contribuendo, anche in base all’esperienza storica bene illustrata da Reinhart e Rogoff in This time is different, a ridurre significativamente le aspettative di default sul debito pubblico.
Perché un simile provvedimento sia credibile, sia per i sottoscrittori, che per i mercati finanziari, le aspettative del mercato devono essere ancorate verso il basso dal religioso rispetto degli obiettivi di disavanzo e da un piano credibile di riforme strutturali, per avviare la crescita del Paese. Requisito imprescindibile per il sostegno al nostro Paese, anche da parte delle autorità  europee. Affinché le emissioni collegate al prestito forzoso siano più accettabili, si può, inoltre, introdurre forme di «collateral», legate ad esempio al patrimonio immobiliare dello Stato e alle partecipazioni statali nelle aziende private. Tuttavia crediamo che il prestito debba essere effettivamente forzoso e che non basti ipotizzare sottoscrizioni volontarie. Non si potrà  evitare che l’emissione sia per alcuni aspetti atipica. Molti problemi rimangono aperti, come per una patrimoniale pura. Riguardano soprattutto la fattibilità  e le modalità  giuridiche del prestito e la garanzia dell’equità  nella determinazione e nell’identificazione dei soggetti e dei patrimoni imponibili. Se l’equità  è rispettata e le risorse deriveranno principalmente dagli strati più favoriti, il prestito forzoso non avrà  un effetto restrittivo sulla domanda, né diverrà  un vincolo alla crescita.


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