Un milione in piazza con la Cgil Camusso: “Manovra irresponsabile ma noi non ci rassegneremo mai”

by Sergio Segio | 7 Settembre 2011 7:51

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ROMA – La frase più ripetuta, dai palchi e dalle piazze, è stata «non ci rassegneremo». L’ha scandita Susanna Camusso, leader della Cgil, che così ha concluso la manifestazione di Roma. L’hanno recitata slogan e cartelli nei cortei che ieri hanno invaso le piazze di tutta Italia con l’obiettivo di cambiare la manovra che oggi va al voto di fiducia. Una pioggia di proteste voluta e organizzata – come ormai da un po’ di tempo – dalla sola Cgil, contro il parere nettamente contrario di Cisl e Uil. Uno sciopero generale destinato ad aprire un autunno ancora più caldo dopo la decisione del governo di inserire nel provvedimento una norma che attacca l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e amplia la possibilità  delle aziende di licenziare.
Cento piazze mobilitate, un milione di lavoratori nei cortei di tutta Italia, un’adesione media – secondo il sindacato – del 58 per cento, 200 voli cancellati, il 60 per cento dei treni fermi: queste le cifre fornite dalla Cgil e contestate dal governo stesso (Sacconi ha parlato di «adesione bassa», ma anche di «boomerang» per il paese, Brunetta di sciopero «solo del 3-4 per cento»).
Molte le piazze pacifiche, ma anche momenti di tensione: a Palermo un gruppo di autonomi ha bruciato bandiere della Cisl e della Uil; a Milano rappresentanti dei centri sociali hanno lanciato uova e fumogeni contro alcune banche e tentato di raggiungere la Borsa; uova e vernice anche a Torino dove alcuni «No Tav» hanno provato a salire sul palco; undici agenti feriti a Napoli dai petardi e un coro di fischi all’inno nazionale durante la manifestazione in piazza a Genova.
Segnali di un clima difficile, ma la protesta non finirà  qui: «Anche se la manovra sarà  approvata, noi non ci rassegnammo – ha detto la Camusso – saremo giorno per giorno in piazza, con quelli che hanno il coraggio di dire no» perché «la manovra è incivile e irresponsabile, fa pagare il conto del paese che non cresce ai lavoratori e ai pensionati». L’Italia, ha detto la leader della Cgil, «no la merita, e non merita un governo inadeguato e inaffidabile» che deve andare a casa perché ha già  portato «il paese nel baratro» e ora insiste spingendo «in fondo al tunnel». La Cgil assicura che «siamo ancora in tempo a cambiare» le misure. Chiede la patrimoniale, chiede che fra tanti tagli si pensi anche ad una spesa: «un piano straordinario per l’occupazione dei giovani, senza i quali non c’è futuro».
Certo gli spazi sono stretti e i problemi tanti. Uno di questi, per la Cgil, resta il rapporto con Cisl e Uil: due sigle che al solo pronunciarle hanno fatto fioccare i fischi delle piazze. Bonanni, d’altra parte, aveva appena dichiarato che lo sciopero «spacca il mondo del lavoro e dà  un segnale negativo ai mercati», la Camusso aveva appena risposto «mi sembra che Bonanni sia sull’orlo di una crisi di nervi». Perché fare ora lo sciopero? «Se non ora quando? – ha replicato la leader Cgil – Se non è mai il momento di scioperare allora non si è capito cosa succede in questo paese».
L’altro fronte aperto è quello legato all’articolo 8 della manovra, quello che di fatto depotenzia l’articolo 18 dello Statuto e che per la Camusso «è un danno al lavoro e all’occupazione: se il Parlamento non lo stralcia intraprenderemo tutte le strade possibili perché questa vergogna deve essere cancellata». Un punto sul quale anche l’opposizione si è impegnata (oltre a Bersani, Vendola e Di Pietro nei cortei Cgil ieri c’erano molti altri rappresentanti di Pd, Idv e Sel), ma sul quale lo scontro con il governo è frontale. «Sacconi cancelli quell’articolo – ha detto la Camusso – altrimenti non ci saranno più dubbi che è il peggior ministro del Lavoro che la storia della Repubblica abbia avuto». «Rinunciare all’articolo? – ha replicato il ministro – Non se ne parla proprio».

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