Un F-35 e un asilo nido smantellato

by Sergio Segio | 9 Settembre 2011 7:38

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 FIRENZE.Fra i prati che abbelliscono gli spazi esterni del Palaffari oggi fioriscono anche le battute: «Renzi? Il sindaco che la destra ci invidia. E Pisapia? Il sindaco che vogliamo». Le cadenze meneghine si mischiano all’inconfondibile parlata toscana: c’è il popolo di Emergency che inganna il tempo nell’attesa dell’incontro pomeridiano, e fra il serio e il faceto discute su quanto successo la sera prima al Teatro Verdi. A quei duecento, tra fiorentini e migranti richiedenti asilo, che hanno contestato il sindaco rottamatore del Pd. Sia all’esterno del teatro, con striscioni e cori, che durante il dibattito. Occasione d’oro quest’ultima per Renzi, pronto a fare bella figura («se volete parliamo all’uscita, ma stasera siamo qui per Emergency»), da consumato professionista della comunicazione. Il sindaco di Palazzo Vecchio sapeva in anticipo cosa lo attendeva al Verdi, dove era impegnato insieme a Gad Lerner e Giuliano Pisapia. Non immaginava però che il vento seminato negli ultimi giorni – dal «no» allo sciopero della Cgil, all’ostentata riunione di giunta in contemporanea con le manifestazioni – un po’ di tempesta la portasse. Prima con le parole del neo-collega milanese: «I sindaci non hanno grandi poteri rispetto alle manovre economiche nazionali. Ma di fronte a questo governo non si può non solidarizzare con i lavoratori». Poi con quelle del decano dei giornalisti italiani Eugenio Scalfari, che a poca distanza era applauditissimo ospite della festa del Pd: «Chi vuole rottamare deve anche aggiungere cosa fare dopo. Se poi chiude pure le finestre del palazzo quando sotto passa un corteo…». Un uno-due da knock down. Anche per un incassatore come Renzi.

Il giorno dopo i commenti si sprecano. Tanto da far temere un minor presa sulle iniziative di Emergency, che fino a domenica organizza incontri e spettacoli in quello che è il suo tradizionale appuntamento nazionale. Invece, come per magia, in un afoso pomeriggio estivo anche questa volta la sala del Palaffari progressivamente si riempie, per uno degli appuntamenti più interessanti della kermesse. Fin dal titolo: «Un F-35 o un asilo nido? Perché in Italia, dove si tagliano spesa sociale, pensioni, fondi per sanità , istruzione e ricerca, si continua invece a finanziare la guerra?». Sul palco, insieme al “padrone di casa” Maso Notarianni che dirige il periodico dell’associazione E-Il mensile, ci sono Leopoldo Nascia di Sbilanciamoci, Francesco Vignarca della Rete Disarmo e Altreconomia, e l’esperto di armamenti Paolo Busoni. Ad ascoltare, con grande attenzione, quanto viene speso ogni anno per armamenti e «missioni militari di pace» ci sono donne e uomini di ogni età . Alcuni con indosso il badge rosso su cui è scritto «Liberate Francesco». Altri con in mano l’utile brochure con cui l’associazione si racconta in poche immagini e parole: «Ogni due minuti Emergency cura una persona. Da 17 anni». In totale, ad oggi, fa quattro milioni e mezzo, come si spiega all’interno del minilibretto comprensivo di un bollettino postale per aiuti una tantum, e un modulo per donazioni periodiche. Intanto Notarianni inizia a parlare: «Con questo incontro vogliamo raccontare i costi della guerra, e quante cose si potrebbero fare con tutti quei miliardi. Vorremmo dare notizie utili perché, fuori di qui, ognuno di noi possa raccontare ad altri queste cose».
Fuori dalla sala arriva una ragazza, Claudia Talini, che saluta l’amica Letizia Santoni con un rapido bacio: «È già  iniziato? Entro, voglio sentire degli F-35». Intanto il sindaco Renzi fa sapere che i suoi contestatori sono sempre gli stessi, da anni. Non è vero, stanno aumentando: davanti al Teatro Verdi la sera prima c’erano le maestre degli asili nido comunali che solo ora sono in via di smantellamento, e la Rsu dell’azienda di trasporto pubblico Ataf, che il sindaco vuole privatizzare a dispetto del referendum. «Altro che stare zitti – replicano quelli del Movimento per la casa, che aiutano i richiedenti asilo ad avere un tetto sulla testa – in questi due anni siamo stati fin troppo in silenzio, di fronte agli sgomberi di stabili occupati per necessità , e davanti alla percentuale di sfratti più alta d’Italia. Se il diritto di critica a Firenze non deve esistere, allora lo si scriva in un manifesto pubblico». Non succederà . Mentre dovrebbe accadere che lo slogan «Renzi, il sindaco che la destra ci invidia» finisca su una t-shirt. Quando si dice la comunicazione.

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