Ue, giro di vite sul debito. Italia a rischio sanzioni
STRASBURGO – Dopo un lungo braccio di ferro con il Consiglio, il Parlamento europeo ha approvato ieri il pacchetto di norme che rafforzano il Patto di stabilità e la governance economica dell’Unione. La riforma sarà approvata dall’Ecofin del 4 ottobre ed entrerà in vigore entro la fine dell’anno.
Il nuovo Patto stabilisce vincoli molto più stretti alla gestione delle finanze pubbliche, e dà alla Commissione europea ampi poteri per sanzionare i governi che non dovessero seguire i suoi «avvertimenti preventivi» non solo sulla riduzione del deficit, ma anche su quella del debito pubblico (che dovrà essere ridotto del 5% all’anno per la quota che supera il 60% del Pil) e sulla correzione di eventuali squilibri macroeconomici. I Paesi che non ottempereranno alle raccomandazioni della Commissione su deficit e debito dovranno versare in deposito una somma pari allo 0,2% del Pil. Il deposito verrà perso trasformandosi in multa se dovessero persistere a non rispettare le indicazioni. Per la mancata correzione degli squilibri macroeconomici, la sanzione è pari allo 0,1%. In caso di statistiche fraudolente, come è accaduto per la Grecia, un Paese dovrà pagare una multa addizionale pari allo 0,2% per cento del Pil. L’inclusione del criterio del debito costituisce un vincolo molto duro per l’Italia. La procedura e le relative sanzioni potranno scattare solo a partire dal 2015, ma è evidente che la manovra di riduzione dovrà cominciare molto prima. Il governo italiano si vanta di aver ottenuto che, nella valutazione del ritmo di riduzione del debito, vengano tenuti in conto anche eventuali «fattori rilevanti», come per esempio il risparmio privato. Ma la quantificazione di questi fattori non è indicata, mentre il tasso di riduzione obbligatorio è quantificato in modo esplicito.
L’approvazione del nuovo Patto è arrivata nel giorno in cui il presidente della Commissione, Barroso, ha tenuto davanti al Parlamento il discorso annuale sullo stato dell’Unione: «La situazione e’ grave ma ci sono soluzioni a questa crisi e l’Europa ha un futuro» ha detto, respingendo l’atteggiamento «paternalistico» degli Stati Uniti che ancora ieri, per bocca di Obama, sono tornati a polemizzare con Eurolandia: «In Europa non hanno affrontato la questione del sistema bancario e del sistema finanziario con l’efficacia che sarebbe stata necessaria», ha dichiarato il presidente Usa.
Barroso, dopo aver rassicurato che la Grecia resterà nell’euro, ha criticato l’approccio intergovernativo di Francia e Germania: «Minaccia la morte dell’Europa. E’ la Commissione il governo economico dell’Unione, non abbiamo bisogno di altri». Infine, ha confermato che l’esecutivo comunitario proporrà la Tobin tax e presenterà un rapporto sulle possibili modalità di creazione degli eurobond.
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Non si può uscire dall’Unione monetaria europea senza abbandonare l’Unione europea stessa. Come spiegava Luigi Spaventa, in un articolo sulla Grecia apparso su La Repubblica nella primavera del 2010, l’Ume non è un accordo con opzioni di entrata ed uscita. I paesi dell’Ue possono non entrare nella zona dell’euro ma, una volta dentro, la loro appartenenza all’Ume definisce la loro appartenenza all’Unione europea.