Trieste che svolta

by Sergio Segio | 28 Settembre 2011 5:51

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 TRIESTE. Aspettando la Barcolana (in programma domenica 9 ottobre), un vento diverso spazza il golfo di Trieste a beneficio di rotte da skipper alternativi. La prima brezza di coraggio si era levata dall’interno di Generali, il simbolo dell’asse con Venezia fin dall’epoca dell’imperial-regia compagnia di assicurazioni che nasce nel giorno di santo Stefano del 1831 e nel luglio successivo si insedia alle Procuratie di piazza San Marco.

Se il berlusconismo oggi veleggia al tramonto, lo si deve soprattutto a chi regge il timone triestino di un gruppo con 500 società  internazionali, 85 mila dipendenti, un portafoglio gestionale da 400 miliardi e un patrimonio immobiliare di 24 miliardi. La primavera triestina comincia con la «cacciata» di Cesare Geronzi dal tempio di Generali: salta più di una tessera del domino degli intrecci economico-finanziari. E’ il semaforo rosso al Risiko del Cavaliere, la «rivolta» preventiva delle grisaglie, la sfiducia manifesta del «vero» capitalismo, il «blitz» che anticipa la crisi. A Trieste, chi sa racconta di notti bianche per pianificare l’operazione dai risvolti un po’ risorgimentali anche se con i tratti inconfondibili della congiura. All’inizio di aprile, Generali era di nuovo orgoglio della Venezia Giulia con l’asse Roma-Milano in ginocchio. La guerra era stata vinta, nel nome del vecchio leone alato che campeggia nel palazzo ai piedi del Campidoglio: la presidenza Geronzi è stata assicurata agli archivi.
In piena estate, Trieste si sta già  abituando ai cambiamenti drastici. Con i ritmi e lo stile della città  di frontiera, ma senza nostalgia, si è chiusa una pagina. Anche dal punto di vista politico. In municipio le destre hanno alzato bandiera bianca, dopo un decennio. E il nuovo sindaco Roberto Cosolini (ex Ds) più che ai roboanti proclami preferisce applicarsi «da buon padre di famiglia». Gesti semplici, scelte mirate, decisioni ponderate.
Tanto per cominciare ha voluto al suo fianco Fabiana Martini, 41 anni, sposata con tre figlie: vice sindaco con le deleghe a sicurezza, Polizia urbana, Protezione civile, comunicazione, trasparenza e partecipazione, pari opportunità . Una donna davvero speciale: è stata la prima giornalista in Italia a dirigere un periodico cattolico. Per dieci anni (dal 2000) ha guidato il settimanale Vita Nuova. Poi a Trieste è arrivato il vescovo Giampaolo Crepaldi, palesano di nascita (e ciellino per vocazione, come il direttore del Piccolo, storico quotidiano della città ), che l’ha brutalmente rimossa e ha nominato direttore il veronese Stefano Fontana. Insieme a Martini, hanno lasciato 20 dei 30 collaboratori della testata diocesana con una lettera che argomentava l’impossibilità  di ritrovarsi in «linee giornalistiche ed editoriali che non prevedano la giusta autonomia di chi ha la responsabilità  del giornale stesso».
Alla vigilia di Ferragosto, il sindaco Cosolini mantiene fede ad un preciso impegno con i triestini che va al di là  del «mandato programmatico» del centrosinistra. Annuncia che serve, e subito, un piano di rientro dai 471 milioni di euro di debiti accumulati da AcegasAps. E’ la multiutility nata dalla fusione delle aziende municipalizzate (acqua, gas, rifiuti) di Trieste e Padova. Quotata in Borsa, ha rappresentato la «cassaforte» per entrambe le amministrazioni comunali. Trieste comanda grazie ad una golden share, tant’è che gli organigrammi certificano gli equilibri. Fino a primavera, una gestione politicamente spuria: giunta Di Piazza con gli ex An da una parte; Flavio Zanonato, ex Ds e vice presidente dell’Anci, dall’altra. Adesso c’è sintonia democratica fra i due municipi, ma paradossalmente tutto si complica. E’ già  all’ordine del giorno la «rimodulazione» del CdA per la parte triestina, mentre i revisori dei conti sono chiamati a fare gli straordinari. Riflettori accesi sul comitato esecutivo di AcegasAps alle prese con fallimentari strategie di aggregazione: abortita anche quella con i lombardi di Linea Group Holding. Manlio Romanelli ha appena rimesso il mandato nelle mani di Cosolini; il presidente Massimo Paniccia e l’ad Cesare Pillon sono sulla graticola insieme all’ex rettore del Bo Vincenzo Milanesi che ha condiviso le responsabilità  gestionali della multiutility.
Dopo la pausa estiva, invece, Trieste capirà  il destino dei servizi socio-sanitari. La «città  dei matti» di Basaglia, negli ultimi dieci anni ha perseguito l’innovazione anche dal punto di vista accademico: la Facoltà  di Medicina offre, insieme alla formazione «classica», 7 corsi di laurea triennali (uno in comune con Udine dedicato a prevenzione e sicurezza sul lavoro) e 3 magistrali fra cui quello in biotecnologie. Il futuro della sanità  però dipende dalla giunta regionale di Renzo Tondo (Lega) che deve sempre presentare la «riforma» capace innescare una guerra all’interno della maggioranza di centrodestra. In ballo, il nuovo ospedale di Pordenone che sembra in pole position rispetto a Cattinara.
E c’è un’altra partita cruciale con la Regione: la trasformazione del vecchio porto, un’area di 60 ettari a ridosso del mare. L’autorità  portuale di Trieste coltiva un progetto faraonico: marina per mega-yacht di oltre 50 metri con oltre 400 nuovi ormeggi, un hotel e altre attività  commerciali. Si tratta di un’area di 529 mila metri quadri che la società  Portocittà  conta di avere in concessione per 89 anni. Un pool di interessi tutt’altro che sconosciuti: i costruttori Rizzani de Eccher e Maltauro con Sinloc (cioè Fondazione Carisparmio di Padova) e la banca infrastrutture innovazione e sviluppo del gruppo Intesa San Paolo. La più classica operazione immobiliare che moltiplica profitti a senso unico. Per di più, a vantaggio di imprese che in Veneto sono state «rigenerate» con lo stesso sistema che fa perno sugli identici sportelli finanziari.
Cosolini accarezza un’altra idea per il cuore di Trieste: il vecchio porto trasformato in moderno quartiere con interventi di edilizia residenziale, ma a misura di famiglie. Insomma, un intervento urbanistico che non perda di vista gli interessi collettivi. Il governatore Tondo recentemente ha dichiarato di «non avere pregiudizi» e di essere pronto a «ragionare» con il sindaco. Dunque, si tratterà  in un apposito tavolo istituzionale. Alla luce del sole. Il berlusconismo, da queste parti, si è già  arenato…

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