Tante ore sui banchi ma si investe poco Prof, paghe in calo
ROMA — Per arrivare all’Italia bisogna scendere in fondo alla classifica, giù fino al 29/mo posto su un totale di 34. Piena zona retrocessione. Tra scuola e università spendiamo il 4,8% del Pil, la nostra ricchezza nazionale. Siamo a pari merito con l’Ungheria e anche con la Germania, dove però si dovrebbero aggiungere i fondi privati che qui non vengono considerati. E alle spalle abbiamo solo Slovacchia e Repubblica Ceca più un trio di non classificati, Paesi che non hanno trasmesso i loro dati ,compresa (guarda un po’) la Grecia. Un’altra classifica internazionale, un’altra bocciatura per la scuola italiana. Stavolta le pagelle arrivano dall’Ocse, l’organizzazione che raggruppa 34 Paesi avanzati e che raccomanda ai «governi di investire nella scuola, perché nel lungo termine i bilanci ne trarranno beneficio».
Lo studio è fresco di stampa ma le tabelle sulla spesa rispetto al Pil risalgono al 2008, tre anni fa. Alcune analisi arrivano fino all’anno successivo ma la situazione non cambia. Anzi. Tra il 2000 e il 2009 gli stipendi degli insegnanti italiani sono diminuiti dell’1% mentre nell’area Ocse sono aumentati del 7%. I nostri maestri e i nostri professori guadagnano il 40% in meno dei colleghi stranieri. «Tra le cause della loro non alta retribuzione — rispondono dal ministero dell’Istruzione — c’è il fatto che gli insegnanti italiani sono numerosi. E questo per far fronte all’elevato numero di ore di insegnamento». In questa speciale classifica, in effetti, siamo al primo posto: fino ai 14 anni i nostri studenti passano seduti al banco 8.316 ore, un anno intero, contro una media Ocse di 6.732 ore, nove mesi. Nel rapporto fra insegnanti e alunni non siamo al primo posto ma comunque sopra la media: alle elementari abbiamo una maestra ogni 10,7 bambini, mentre nell’area Ocse per ogni maestra i bambini sono 16. Alle secondarie, invece, abbiamo un professore ogni 11 alunni mentre nell’area Ocse arriviamo ad uno contro 13,5.
Ma la cosa più grave è che il sistema non innalza abbastanza il nostro livello d’istruzione, che poi sarebbe il suo vero obiettivo. Arriva al diploma l’81% dei nostri ragazzi: siamo scesi sotto la media Ocse e abbiamo perso cinque punti rispetto a due anni prima. E andiamo male anche con i laureati: arriviamo al 33%, cinque punti sotto la media. Una montagna di numeri e due letture opposte. Secondo il ministero dell’Istruzione, lo studio Ocse «conferma la necessità di proseguire nella direzione adottata dal governo e ne indica alcuni risultati positivi». Per la responsabile scuole del Pd, Francesca Puglisi, dimostra invece che «siamo messi male e peggioreremo ancora se questo miope governo non andrà subito a casa».
È vero che gli studi internazionali sul tema dell’istruzione sono tanti e molto dipende dal criterio adottato. Solo un mese fa l’Unione Europea ci ha bacchettato per gli investimenti delle università nella ricerca, mentre l’anno scorso un rapporto di Eurydice sosteneva che nelle nostre classi ci sono più studenti super intelligenti che all’estero. Ma l’analisi Paese non dice tutto. Basta guardare i risultati dei test Ocse-Pisa, che valutano il livello degli studenti in alcune materie. Qui molto dipende da quale pezzo d’Italia si guarda. Qualche eccezione, ma in generale il Sud è sotto la media Ocse mentre il Nord sopra, in alcuni casi al livello dei Paesi migliori.
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