Tagli e tasse, duello Marcegaglia-Tremonti

by Sergio Segio | 5 Settembre 2011 7:15

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CERNOBBIO – «In questa manovra ci sono più tasse che tagli. Il Paese rischia molto». «Macché, ci sono 14 miliardi di tagli e 4 di tasse». Il presidente di Confindustria e il ministro del Tesoro non si risparmiano accuse e controaccuse in chiusura del workshop Ambrosetti. Puntualizza Tremonti: «Siamo pronti ad offrire ampia documentazione: ci sono 6 miliardi di tagli ai ministeri, 4 agli enti locali e altrettanti al welfare». Ribatte Marcegaglia: «Il guaio è che la manovra è confusa e spezzettata. Manca un disegno organico, è stata sottovalutata la gravità  della situazione. Non sta a noi indicare quale esecutivo serve, ma così non si può andare avanti: se il governo non avrà  la forza di adottare misure più incisive dovrà  trarne le conseguenze». Il responsabile di via XX settembre ammette: «Quando prepari una manovra in quattro giorni possono scappare degli errori, come il differimento delle feste laiche. Siamo pronti a negoziare, nessuno è salito sul monte Sinai ed è sceso con la ricetta giusta. Qui tutti sono pronti a bacchettare, ma se si usasse la bacchetta per dirigere un’orchestra armonica, come insegnava Fellini, sarebbe meglio». Ma Marcegaglia non molla: «Serve una visione complessiva, non bastano pezzi di manovra. D’accordo, siete pronti a trattare, ma contano i fatti». E rilancia le proposte di Confindustria: riforma delle pensioni a partire dalla stretta sulle anzianità , meno tasse su imprese e lavoratori, più coraggio in liberalizzazioni e privatizzazioni. E poi «la politica dia un segnale diminuendo i propri costi». Affondo del ministro: «Vi sembra facile vendere i beni dello Stato, quelli di valore? Se volete, abbiamo a disposizione tanti prati e foreste».
Se nei tre giorni di dibattito le parole più diffuse sono state «pessimismo» e «credibilità » (nel senso di «mancanza di»), questo duello finale è un distillato di tensioni che dà  la misura esatta del senso di emergenza che si è respirato per l’intero forum, mentre continuava a salire l’angoscia per la riapertura dei mercati. Il tutto in un quadro europeo dove l’unica cosa certa è che nessuno ci farà  più sconti. Ancora Marcegaglia: «L’intervento della Bce non può essere eterno (giovedì c’è la verifica nel direttivo ma proprio qui a Cernobbio sono rimbalzate dalla Germania le ennesime perplessità , ndr). E dopo come ci potrebbero aiutare? Per questo occorre fare presto non solo ad approvare la manovra ma a rilanciare la crescita». Tremonti non si fa sfuggire l’occasione: «Bisogna adottare gli eurobond per le infrastrutture, unico «driver» per avviare domanda e sviluppo». Ma la Germania non ne vuol sapere. «Dicono che è “una pensata italiana”, ma allora perché al governo britannico e alla City l’idea piace?» Non è l’unica frecciata verso i partner europei di Tremonti, che sforna una raffica di aforismi geografici: «A Versailles nel 1919 furono imposti troppi sacrifici alla Germania che ora si rivale su di noi. In Westfalia (dove con il trattato del 1648 nacque il concetto di comunità  internazionale, ndr) finirono i nazionalismi ma non per i bilanci statali. E a Deauville (sede del vertice franco-tedesco dell’ottobre 2010, ndr) i governanti dei due paesi più forti hanno preso l’iniziativa non richiesta di controfirmare le manovre italiane».

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