Svolta sul caso Lombardo l’imputazione per mafia declassata a voto di scambio

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CATANIA – Le accuse di mafia sono cadute in blocco. In gran fretta, all’indomani di una pronuncia del Consiglio di Stato che dichiara nulla la nomina dell’attuale reggente dell’ufficio e senza che mai un giudice terzo abbia potuto pronunciarsi nel merito, dell’imponente ossatura dell’inchiesta che per due anni ha visto il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, deputato nazionale, indagati di concorso esterno in associazione mafiosa, è rimasta una semplice contestazione di voto di scambio per le elezioni politiche del 2008. Reato che avrebbe commesso Angelo Lombardo, poi eletto a Montecitorio, e del quale Raffaele risponderebbe come leader dell’Mpa. Non una carriera politica costruita sul patto con i boss come ritenevano i quattro pm titolari dell’indagine che a giugno avevano preparato una richiesta di rinvio a giudizio per mafia per i fratelli Lombardo e che si sono visti poi revocare la delega, ma un banale episodio di violazione della legge elettorale punibile con una pena da uno a quattro anni o con una multa. Reato che rischia pure la prescrizione se il procedimento non dovesse essere definito entro il 2015. Così ha deciso il reggente della Procura di Catania Michelangelo Patanè che ha notificato ieri ai Lombardo un decreto di citazione diretta a giudizio per voto di scambio semplice. Il processo inizierà  il 14 dicembre davanti al giudice monocratico.
«La derubricazione a reato elettorale è il primo passo per fare finalmente giustizia delle tante accuse rivoltemi, molto spesso soltanto a mezzo stampa, a fini di strumentalizzazione politica, e sempre a scapito della verità . E la verità , oggi riconosciuta anche dalla Procura di Catania, è che io non ho mai sostenuto, aiutato o favorito la mafia e i mafiosi», è il commento di Lombardo. Ma il provvedimento che chiude l’indagine nei suoi confronti è destinato a creare polemiche a non finire. Innanzitutto per la gran fretta e le modalità  irrituali con le quali è stato adottato dal reggente dell’ufficio, l’aggiunto Patanè, che dopo la notifica della bocciatura della sua nomina da parte del Consiglio di Stato, sarebbe stato di fatto delegittimato dall’adottare una decisione. Una evidente forzatura visto che tra un paio di settimane il Csm nominerà  il nuovo procuratore e che la decisione di riqualificare così il reato è stata adottata bypassando il gip contrariamente ad un preciso indirizzo del Csm al quale si erano rivolti i quattro pm sollevati dall’incarico.


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