Supertassa solo per il 5% dei ricchi così si evade tra titoli, auto di lusso e yacht

by Sergio Segio | 8 Settembre 2011 7:50

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ROMA – Anche i 34 mila italiani con un reddito superiore a 300 mila euro e che pagheranno il contributo di solidarietà  previsto dalla “manovra 4” del governo, appartengono alla categoria dei “tartassati” dal fisco. Sì, certo, sono ricchi, ma non più di altri. Anzi. La differenza è che – rispetto agli “altri” – loro sono conosciuti al fisco: per oltre il 60 per cento sono lavoratori dipendenti con tanto di prelievo mensile in busta paga e aliquota marginale di fatto superiore al 45 per cento per effetto delle addizionali Irpef locali. Lavoratori dipendenti che non sfuggiranno al contributo di solidarietà . Che, invece, non verseranno quelli – ricchi – che le tasse le evadono o le eludono. Quelli degli yacht, delle ville e delle macchine di lusso intestati a nullatenenti o a società  di comodo. E anche questo è un segno – o la conferma – di quanto sia bislacca la manovra messa in campo dal governo. Per sfuggire alla patrimoniale, che avrebbe colpito una platea assai più vasta – Berlusconi & co – si sono rifugiati in un mini-contributo simbolico dal gettito poco significativo (144 milioni in tre anni contro i 3,8 miliardi attesi dal contributo prima versione richiesto al ceto medio alto). Preleveranno, già  per il 2011 con efficacia retroattiva, il 3 per cento dal reddito complessivo (non solo quella derivante dal lavoro ma escludendo però la prima casa) eccedente i 300 mila euro; lo faranno per tre anni. Ma se nel 2013 il pareggio di bilancio (ce l’ha imposto la Banca centrale europea) non sarà  raggiunto il prelievo automatico proseguirà  ancora.
Ma, appunto, i ricchi sono solo 34 mila (lo 0,075 per cento di tutto i contribuenti) nel Paese dove – dati della Banca d’Italia – il 10 per cento più ricco della popolazione possiede ben il 44 per cento della ricchezza nazionale? Difficile crederlo. E infatti è difficile anche sovrapporre i 34 mila ricchi, secondo le stime del ministero dell’Economia, con i 611 mila italiani – dati dell’Associazione italiana private banking – che possiedono un patrimonio finanziario (esclusi quindi i beni immobili) superiore a 500 mila euro, cioè mezzo milione. Qualcosa non torna. Perché è come se a pagare il contributo di solidarietà  fosse solo il 5 per cento dei ricchi. E torna anche poco – o forse spiega molto – il fatto che tra i super-investitori ci siano sempre più casalinghe così identificate dall’indagine dell’Aipb: vedove, divorziate, ereditiere con un’età  media di 65 anni. È un pezzo importante dell’Italia che vive di rendita, sfuggendo alle tasse. E forse è la stessa Italia a cui pensava il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, quando per rassicurare sulla saldezza finanziaria dell’Italia e sulla sua solvibilità  ricordava «la grande ricchezza privata». Forse inconsciamente pensava anche lui a una patrimoniale. Ma, ormai, è acqua passata.
Dunque possiamo dire che una bella fetta di super-ricchi, invisibili al Fisco ma assai visibili nei consumi di lusso, la farà  franca anche questa volta. Non, invece, i pensionati e dipendenti pubblici. Perché loro il contributo – che scatta da 90 mila euro in su e non da 300 mila euro – lo stanno già  pagando i secondi da gennaio, i primi dallo scorso mese. Pagano il 5 per cento fino a 150 mila euro e poi il 10 per cento. E mentre per i 34 mila ricchi il contributo sarà  deducibile, per i dipendenti pubblici no. Il perché non si sa.
Si dirà , infine: il provvedimento deciso dal governo italiano non è molto diverso da quello adottato ultimamente da Nicolas Sarkozy, terrorizzato dall’idea di una retrocessione da parte delle agenzie di rating. Vero, ma in Francia l’evasione fiscale non si avvicina minimamente ai nostri 120 miliardi di mancati introiti l’anno. Questa continua a essere la nostra anomalia. Anche con il contributo a carico del 5 per cento dei super-ricchi.

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