Suicidi in Grecia, mito e realtà 

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Un aumento nei suicidi del 40 per cento in un anno è un dato impressionante: la crisi economica sta mietendo le prime vittime?
È fuori discussione che i suicidi dovuti a problemi economici stiano crescendo, ma c’è un errore: la percentuale esatta dell’aumento è ignota, non potrebbe essere altrimenti, e quel 40 per cento trapelato nei media è l’incremento che qui a Klimaka abbiamo registrato nelle telefonate ricevute dalla linea amica che manteniamo; mi vanto del fatto che, di tutte le telefonate (che in alcuni giorni possono arrivare a cento), nell’ultimo anno solo due dei nostri curati si siano, alfine, suicidati.
I dati ufficiali che abbiamo a disposizione risalgono al 2009 e sono elaborati dall’Istituto greco di statistica il quale, a sua volta, riceve gli aggiornamenti dal ministero. Ora, il ministero si appoggia a noi per sapere quali sono i numeri sia dei tentati suicidi che di quelli portati a termine. Evidentemente il ministro, Andrea Loverdos, si è confuso e la notizia di quel 40 per cento ha fatto il giro del mondo inesatta. La settimana scorsa eravamo a Pechino, per un convegno internazionale legato ai temi di cui stiamo parlando. Tutti volevano sapere se, qui in Grecia, eravamo le vittime di una sorta di ‘’depressione nazionale” innescata dalla crisi economica.

Un fraintendimento, dunque. Eppure, anche se ancora non quantificato, il numero di chi pensa al suicidio per via di problemi economici effetto della crisi è aumentato: solo la settimana scorsa un uomo si è dato fuoco davanti a una banca a Salonicco, mentre un ragazzo di vent’anni disoccupato, si è impiccato a Creta. Il telefono amico di Klimaka, cosa ci dice a questo proposito?
La linea opera ventiquattr’ore al giorno, dal 2000, a livello nazionale; mediamente ricevevamo una decina di telefonate al giorno, ora sono diventate settanta e quattro volte su cinque la causa scatenante l’idea del suicidio, ormai, sono problemi economici. La prima cosa che facciamo è quella di dare a intendere al nostro interlocutore che dall’altra parte della linea qualcuno lo ascolta. Sono persone che, per ritrovare un po’ di calma, proprio di questo hanno bisogno: essere ascoltate; poi le facciamo venire nelle nostre strutture, ove ci sono, oppure le dirigiamo alle cliniche psichiatriche vicine, per essere curate. Tuttavia non ci fermiamo qui, cerchiamo di risolvere anche i problemi pratici che hanno innescato il malessere suicida: cerchiamo lavoro, casa, offriamo ospitalità  nelle nostre strutture per senza tetto, diamo sostegno legale e così via. Alcuni dei nostri pazienti lavorano per noi da anni, chi fa il segretario, chi vende la carta da riciclare.

Suicidio e vergogna: è vero che la società  greca si vergogna di chi si suicida?
È vero ma non solo per la società  greca, tutte le società  e tutte le culture si vergognano per chi si toglie la vita ed è anche per questo che, da nessuna parte al mondo, è possibile quantificare il numero esatto delle morti avvenute per scelta del deceduto. Dopodiché, i modelli culturali mediterranei incidono senz’altro ma non in modo tale che se ne possa trarre una qualsiasi conclusione statisticamente rilevante.
Piuttosto, credo che abbia rilevanza il modello maschile ellenico: non è un caso che la maggior parte dei suicidi siano uomini. Uomini che non riescono più ad adempiere ai compiti per i quali li ha preparati la società : in primo luogo quello di sostenere economicamente la famiglia. In tempi come questi, temo, siamo condannati ad assistere al crollo catastrofico di molti. Allora potremo parlare di vittime della crisi in senso letterale.


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