by Sergio Segio | 5 Settembre 2011 7:16
CERNOBBIO – Da due giorni covava sotto la cenere. Una forma di protesta per dar voce al diffuso malessere di imprenditori e manager nei confronti del governo. Ai coffee break, nella terrazza dell’Hotel Villa d’Este dove ogni settembre si tiene il Workshop Ambrosetti, si sentiva qualche imprenditore sbottare: «Non si può andare avanti così». E ha cominciato a serpeggiare l’idea: «Quando domenica arrivano quelli del governo noi ce ne usciamo», sussurravano i più categorici. Poi, la realtà è stata molto meno eclatante, ma non priva di effetto. Un applauso ininterrotto di oltre tre minuti al discorso introduttivo tenuto dal moderatore Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, che inaspettatamente ha strigliato il governo come nessuno aveva fatto nei due giorni precedenti. Frasi come «Nella nostra attualità c’è poco teatro, ci sono molti sguaiati teatrini. C’è troppo avanspettacolo», oppure «Siate semplici e sinceri, o almeno provate a esserlo. Non raccontateci di un Paese che non c’è e non fateci sognare un paese che non ci sarà », e ancora «Siamo stanchi di riti e qualche volta abbiamo la sgradevole sensazione di essere presi in giro», sono andate a toccare i nervi scoperti dei presenti. Tutti, da medi imprenditori come Riccardo Illy o Francesco Merloni a manager trasversali come Beppe Sala (Expo) o Giuseppe Bonomi (Sea), si sono sentiti rappresentati. Il punto di minimo è stato invece toccato quando ha preso la parola il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani. «Abbiamo fatto una manovra straordinaria, da 131 miliardi in poche settimane» ha detto, sommando così in maniera del tutto impropria i diversi interventi che si sono succeduti da fine luglio in poi. Non stupisce, quindi, che alla fine del suo intervento il gelo nella sala sia divenuto imbarazzante, tanto che Romani ha ritenuto necessario uscire in terrazza e parlare ai giornalisti per ribadire parole apparse ai più strampalate. E di fronte a tanta sfrontatezza era inevitabile che dalla platea arrivassero domande dai connotati critici. I banchieri d’affari hanno cercato a più riprese di sottolineare che i mercati hanno bisogno di certezze invece di sole parole, e che se il governo italiano non si sbriga la riapertura dei mercati sarà difficile per i titoli italiani. Gli interventi successivi di Mariastella Gelmini e Franco Frattini non hanno certo aiutato, data la fumosità dei loro testi. L’unico della compagine governativa che ha riscosso un certo apprezzamento è stato Roberto Maroni, ma più che altro perché ha snocciolato ai presenti i numeri concreti dell’azione del suo dicastero, numeri che nei prossimi giorni saranno pubblicati sul sito del Viminale. Certo con l’andar della giornata l’afflato iniziale è venuto un po’ meno, soprattutto quando Angelino Alfano ha detto che per fare le riforme strutturali non bisogna essere vittime delle paure elettorali: «Se si parla di patrimoniale insorge la destra, se si parla di pensione è la sinistra a inalberarsi». Fotografando così il senso di impotenza che affligge l’azione governativa, proprio quello che gli industriali vorrebbero sconfiggere e che da anni chiedono a gran voce di superare. Rimanendo perlopiù inascoltati.
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