Soldi, petrolio, armi: il mare in cui nuota il Cnt

by Sergio Segio | 4 Settembre 2011 7:16

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 Un mare di soldi, un mare di petrolio, un mare di armi (e di armati). E’ in questo mare spumeggiante che si trova a nuotare il Cnt, il nuovo governo della Libia. Un mare di soldi, dopo che gli «amici» hanno garantito lo sblocco di 15 miliardi di dollari (ieri il ministro Frattini ha annunciato che lo sblocco, dopo i primi 500 milioni di euro, di altri 2.5 miliardi dei 7 depositati in Italia) e nonostante l’accusa lanciata ieri dal «presidente» Abdel Jalil alla Cina «di ostacolare lo sblocco dei beni libici congelati», «una posizione inattesa» (che avrà  delle conseguenze).

Un mare di petrolio, ora che guerra vinta e sanzioni revocate spianano la strada. Ieri la National Oil Corporation, la compagnia statale libica, ha riaperto i battenti a Tripoli e, dice, entro 15 mesi tornerà  alla produzione pre-guerra di 1.6 milioni di barili al giorno; il ministro del petrolio Ali Tharouni ha annunciato la ripresa «entro una decina di giorni» della produzione nei pozzi di Misla e Sarir, in Cirenaica, interrotta da aprile; Frattini assicura che «per ottobre» ripartirà  la produzione «di quello che era sotto il controllo dell’Eni perche «occorre che l’Italia rimanga, come è sempre stata, il primo partner della Libia» («occorre»? Per delucidazioni rivolgersi a Sarkozy). Un mare di armi e di armati. Venerdì Ahmed Darrad, «ministro degli interni» del Cnt, aveva detto che «Tripoli è ormai libera» e quindi le milizie provenienti dalle altre città  «possono lasciare la capitale». Ieri da Bengasi Abdel Jalil l’ha smentito: «il Consiglio non ha preso alcuna decisione di raccogliere le armi dei rivoluzionari o di mandarli via da Tripoli».
Contraddizioni e confusione inquietanti. Ieri «il presidente» ha confermato che l’ultimatum alle città  ancora in mano ai gheddafiani – Sirte, Bani Walid, Jufah, Sebha – è stato esteso fino a sabato (e gli insorti stanno addirittura mandando «aiuti umanitari» agli assediati). Ma Abdulrazzak Naduri, n.2 del Consiglio militare di Tarhuna (80 km da Bani Walid), ha detto che quelli di Bani Walid o si arrendono o questa mattina partirà  l’attacco finale.
Ieri è arrivato a Tripoli Ian Martin inviato del segretario Onu Ban Ki-moon, per discutere con il Cnt «le modalità  della collaborazione». E per «prevenire» quelli che il geniale Frattini ha definito «una deriva» afghana e «l’errore» iracheno: «distruggere la pubblica amministrazione libica», quelli che «hanno servito il regime» ma «non hanno le mani sporche di sangue» devono rimanere. Giusto. Ma che farà  con i suoi nuovi amici del Cnt. Come «il presidente» Abdel Jalil, ministro della giustizia di Gheddafi, o Abdel Hakim Belhaj e gli altri capi militari qaedisti o jihadisti?

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