by Sergio Segio | 15 Settembre 2011 7:02
ROMA.Umberto Bossi è riuscito nel suo intento di rompere il fronte dei sindaci. Oggi i primi cittadini di tutta Italia sciopereranno contro i tagli agli enti locali previsti dalla manovra ma all’iniziativa, indetta dall’Anci, non parteciperà la stragrande maggioranza dei sindaci della Lega obbedienti all’ordine di scuderia dettato nei giorni scorsi, quando lo stesso Bossi ha vietato ai suoi di manifestare contro il governo. Una frattura importante non tanto dal punto di vista numerico – i sindaci targati Carroccio sono solo 138 – ma perché va a rompere quell’unità politica che, aldilà degli schieramenti di appartenenza, fino a oggi aveva caratterizzato la protesta non solo dei primi cittadini, ma anche di governatori e presidenti di Provincia.
A disertare la piazza saranno anche Attilio Fontana e Flavio Tosi, rispettivamente alla guida di Varese e Verona ma soprattutto i due «ribelli» che più di tutti hanno fatto infuriare Bossi per il loro attivismo anti-manovra. «E’ stata una scelta dolorosa», spiega Fontana che ieri ha rimesso anche il mandato di presidente dell’Anci Lombardia. Fontana sa che la scelta di non scioperare rischia di offuscare l’immagine di buon amministratore che si è conquistata finora. «E la cosa mi preoccupa – dice – ma non devo dimenticare che appartengo a un partito e questo partito mi ha fatto eleggere, quindi gli devo obbedienza».
La frattura innescata da Bossi arriva fino ai vertici nazionali dell’Anci, con il sindaco di Cittadella Massimo Bitonci che minaccia di dimettersi da vicepresidente dell’associazione.
Ma se la Lega sceglie di abdicare dal suo ruolo di difensore del territorio, non è così per tutti gli altri. Fatta eccezione per pochi casi, l’adesione allo sciopero è infatti massiccia da Nord a Sud, con i sindaci che oggi riconsegneranno ai prefetti le deleghe su anagrafe e stato civile e chiuderanno simbolicamente i propri uffici. «I tagli ai Comuni sono tagli ai tuoi diritti», è scritto in una lettera aperta ai cittadini in cui si spiegano i motivi dello sciopero. «La nostra non è una protesta fine a se stessa, ma è finalizzata a una correzione della manovra», aggiunge Gianni Alemanno, primo cittadino di Roma e da qualche settimana sindaco di lotta e di governo. «Il problema riguarda soprattutto i cittadini perché avremo difficoltà sugli investimenti e sui servizi essenziali da dare alla città ».
Per la giornata sono state indette numerose iniziative. A Milano e Napoli i sindaci Giuliano Pisapia e Luigi de Magistris hanno indetto consigli comunali straordinari in cui verranno spiegati gli effetti della manovra («ci mette in ginocchio», ha detto ieri Pisapia»). A Venezia, alle 10, in piazza San Marco si riuniranno tutti i sindaci della provincia chiamati dal primo cittadino del capoluogo Giorgio Orsoni, mentre altre iniziative sono state annunciate dai sindaci di Padova Flavio Zanonato, da quello di Vicenza Achille Variati, di Firenze Marco Renzi e di Genova Marta Vincenzi. Incroceranno simbolicamente le braccia anche tutti i sindaci pugliesi a partire da quello di Bari Vittorio Emiliano, ma anche della Sicilia e della Sardegna. Una nuova giornata di protesta infine è stata indetta per il 23 settembre a Perugia, questa volta insieme a Regioni e Province.
Ma a tenere banco ieri è stata soprattutto la decisione di Fontana di non partecipare a un’iniziativa alla cui costruzione ha partecipato in prima persona. Nella sede dell’Anci nazionale, a Roma, si è preferito andare per le vie diplomatiche e confermare al sindaco di Varese la piena fiducia dell’associazione. «Fontana si è comportato coerentemente: ha dato le dimissioni da presidente dell’Anci Lombardia per coerenza con la posizione del proprio partito e pochi hanno questo coraggio», ha detto Osvaldo Napoli, presidente facente funzioni dell’Anci.
Napoli, che è anche deputato del Pdl, ha poi lanciato accuse generiche contro chi, a suo giudizio, starebbe cercando di «esagerare la conflittualità contro il governo».
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