by Sergio Segio | 13 Settembre 2011 7:29
ROMA.Il quarto anno della guerra alla scuola pubblica è stato inaugurato da un rituale, e falsamente cameratesco, «in bocca al lupo» che il ministro dell’Istruzione Gelmini ha rivolto ieri ai quattro milioni di studenti che hanno riempito le aule di tredici regioni e province autonome. Intervenuta in ben due trasmissioni Mediaset, «Studio Aperto» e «Mattino 5», il ministro ha inzuppato il pane duro dei sacrifici nella colazione dei bambini e degli adolescenti italiani. La fatica – ha ammonito – «è ineliminabile in un percorso di formazione». E lo sarà ancora di più in una scuola trasformata in un percorso penitenziale come hanno ricordato gli studenti e gli insegnanti che ieri hanno attraversato la Capitale con sit-in e flash-mob.
Pochi minuti dopo il suono della prima campanella sulle scalinate del ministero in Viale Trastevere abbiamo assistito alla protesta dei docenti di latino e greco dei licei classici che si sono costituiti nel coordinamento A052, la sigla della classe di concorso di riferimento. Dopo anni di insegnamento non potranno concorrere all’assegnazione delle cattedre disponibili anche perchè sono stati messi in concorrenza con i colleghi che insegnano italiano e latino. È uno degli effetti dei tagli: chi resta senza cattedra non potrà insegnare in un altro indirizzo.
Poi sono arrivati gli studenti dell’Uds che hanno improvvisato un «cacerolazo» scandendo lo slogan: «Suoniamogliele, la musica deve cambiare». Di questi flash-mob ieri ne hanno organizzati trenta in tutte le città . I romani venivano dal Pincio dopo avere esposto un gigantesco striscione dove hanno elencato alcune delle insidie preparate dal lupo-Gelmini. Chi farà 50 assenze quest’anno verrà bocciato o rischia un 5 in condotta.
La Rete degli studenti medi si è spostata alla stazione Termini dove i suoi attivisti hanno cambiato i numeri dei binari. La Federazione degli studenti ha distribuito contro-guide dal titolo: «Don’t Panic». Appuntamento per il 7 ottobre a Roma dov’è prevista una manifestazione nazionale.
Anche gli amministratori locali hanno fatto sentire la loro preoccupazione per i drastici tagli ai comuni contenuti nella manovra finanziaria. «I Comuni – ha detto Daniela Ruffino, delegata Anci alla Scuola – stanno vivendo un periodo particolarmente faticoso dovuto alla mancanza di risorse e ai continui tagli che impediscono la programmazione». Messaggio poco rassicurante che conferma la denuncia fatta dall’Inail nel 2010 quando si è registrato un incremento a due cifre degli infortuni nei laboratori e nelle palestre.
I comuni restano in attesa della seconda tranche del finanziameno di un miliardo stanziato dal governo nel 2009 per l’edilizia scolastica. Fino ad oggi, si legge in un dossier diffuso dalla Flc-Cgil, hanno ricevuto 415 milioni. Alla manutenzione ordinaria vengono destinati 11.129 euro per edificio, per quella straordinaria 42.491.
Cifre del tutto insufficienti per riparare i muri delle scuole elementari Novelli di Pisa che ieri sono state dichiarate inagibili dai vigili del fuoco. La protesta dei genitori ha spinto l’assessore ai lavori pubblici, Andrea Serfogli, ad ammettere che il comune toscano è in attesa di un finanziamento di circa 200 mila euro da parte del Cipe.
La giornata di ieri è stata arroventata anche dalla polemica sulle «classi pollaio». «Non nego che il problema esista, ma non è enorme e riguarda solo 2 mila classi su 340 mila» ha affermato Gelmini. Ammesso che siano 2 mila, in Italia esistono allora 60 mila studenti che vivono in classi sovraffollate, senza contare quelle che ne hanno qualcuno in meno. «Abbiamo prime sovraffollate oltre ogni limite umano fino a 32 ragazzi» conferma Antonio Panaccione, dirigente del liceo scientifico Talete di Roma. L’allarme suona anche nelle elementari e nelle medie dove sono partite classi fino a 28 alunni. «È una follia inserire 25 bambini – afferma Rossella Sonnino, dirigente di una scuola media e di una elementare – con la presenza di disabili. Sarebbe bastata una classe in più, ma non ce l’hanno data».
Sfogliando il libro degli orrori si arriva a quello sui docenti di sostegno. A dire del ministro, quest’anno sarebbero 3500 in più. Per le associazioni che tutelano i diritti dei disabili è vero l’opposto. La Ledha sostiene che ne mancano più di 3600, a cui si aggiungono i tagli delle province al servizio di trasporto e la carenza delle risorse dei comuni per l’assistenza nelle primarie e nelle medie. «Questi insegnanti sono proprio tutti qualificati per il sostegno? – domanda Clivia Zucchetti responsabile di Equality Italia – Una buona percentuale viene reperita dalle file del precariato classico secondo cui l’incarico fa punteggio e le competenze non contano». Il direttore dell’ufficio scolastico della Lombardia Giuseppe Colosio ha rivelato che per affrontare l’emergenza si procederà all’aumento del 70% delle deroghe.
Reazioni che confermano, una volta di più, che non ci sono più i polli di una volta disposti a credere nelle promesse del lupo-Gelmini.
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SU «TUTTO SCUOLA»
La rete scolastica secondo Gelmini: via 5.600 istituti
Ro. Ci.
Dopo la Puglia di Vendola, anche la Regione Toscana di Enrico Rossi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro la norma, contenuta nella manovra finanziaria di luglio, relativa al numero minimo di alunni e alla creazione di istituti scolastici comprensivi. Entrambe le regioni giudicano incostituzionale la riorganizzazione della rete scolastica predisposta dal ministero guidato da Mariastella Gelmini. La riforma è esecutiva da settembre e vuole aggregare la scuola dell’infanzia alla scuola primaria e a quella secondaria di primo grado. Viene fissata a mille alunni (500 per le piccole isole, i comuni montani e minoranze linguistiche) la soglia minima perché si possa riconoscere l’autonomia alle nuove istituzioni. Dalle attuali 10.500 si passerà a 5.600, mentre 1.100 saranno soppresse. Record a Bari dove verrà accorpato il 95% degli istituti del primo ciclo.
In un dossier pubblicato dalla rivista «Tutto Scuola» è stato calcolato che per il triennio 2012-14 i risparmi saranno di oltre 200 milioni di euro che verranno destinati al funzionamento dell’Invalsi e dell’Indire. Deriveranno dal taglio di 3180 posti di dirigente scolastico (164 milioni di euro), dal taglio di 1100 assistenti amministrativi (26 milioni). Salteranno anche 1130 posti da direttore amministrativo. E saranno almeno in 30 mila i dirigenti che dovranno difendere la propria sede e non essere trasferiti d’ufficio. Non è escluso che il ministero non decida di trattenere una parte di questa cifra per sé. E non sarebbe la prima volta. Già nel 2008 molte regioni si erano opposte alla riforma, lamentando l’invasione di competenza del Miur. La rivoluzione di cui nessuno parla cambierà il riferimento del dirigente scolastico per 5 milioni di famiglie. Obbligherà i presidi a dirigere più di una scuola, verranno eletti 5700 nuovi consigli di istituto e mezzo milione tra docenti e personale Ata verranno chiamanti nel 2012 a rinnovare 14 mila Rsu di istituto. È iniziato l’anno più caldo per la scuola.
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