Si riparte con un altro piano-cantieri Maxitagli ai ministri, ed è polemica

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ROMA – Sgravi, esenzioni, incentivi, burocrazia “scontata” per semplificare e accelerare le grandi opere, coinvolgendo i privati. Il pacchetto per lo sviluppo prende forma in attesa di uno o più decreti, «a costo zero» per le casse dello Stato, che il Consiglio dei ministri potrebbe ratificare entro la prossima settimana, secondo le previsioni espresse ieri dal ministro Sacconi. Arriva, intanto, il decreto che taglia gli stanziamenti dei ministeri per 6 miliardi, come deciso dalla manovra d’agosto, firmato ieri da Berlusconi e Tremonti. Il provvedimento è in ritardo rispetto alla tabella di marcia inserita nella nota al Def, il documento di economia e finanza (era da varare entro il 25 settembre), a causa delle tensioni scatenate tra i ministri sulla distribuzione dei sacrifici da operare ai singoli budget, lontane dall’essere sopite e che alimenteranno altri scontri nei giorni a venire.
La crescita, intanto. Il cuore delle misure è la “Tremonti-infrastrutture”: sei proposte per far ripartire i cantieri. La principale, a quanto si legge in bozza, prevede sconti Irap e Ires (meno tasse) alle imprese che si aggiudicano la concessione per realizzare un’opera pubblica e la contestuale, seppur parziale e limitata nel tempo, rinuncia dello Stato al relativo canone. Altra novità , l’introduzione del contratto di disponibilità  per «favorire il partenariato pubblico-privato nelle infrastrutture strategiche»: l’opera è di proprietà  privata (il privato assume spese e rischio della costruzione), ma destinata a un pubblico esercizio. Lo Stato, dunque, paga un canone di disponibilità  al privato, nonché un prezzo finale se vuole rilevarne la proprietà .
Le proposte avanzate dal dicastero dello Sviluppo economico prevedono la costituzione di una società  «aperta alla partecipazione dei privati» per portare la banda larga e ultra-larga in tutto il Paese, l’estensione alle società  a capitale prevalentemente pubblico (nei settori di acqua, energia, teleriscaldamento, smaltimento, depurazione) della deducibilità  degli interessi passivi di natura finanziaria «nel limite del 30% del reddito operativo», l’aumento da 4 a 20 anni della durata della concessione demaniale per depositi e stabilimenti costieri degli impianti petroliferi. Buona notizia, l’idea di prorogare per un triennio le detrazioni per interventi di «efficientamento energetico» che vengono, però, rimodulate secondo tetti, ora non previsti (non più di tot euro per metro quadro di pannello solare, non più di tot euro per Kw della caldaia, ecc.), e limitata al 41% (anziché il 55%) per finestre e piccole caldaie. Dovrebbe poi tornare la detrazione per gli elettrodomestici ad alta efficienza e le pompe di calore.
Tra le ipotesi plausibili, la devoluzione del 25% dell’extragettito Iva (fino a 15 anni), incassata dalla gestione di una nuova infrastruttura per i trasporti, alla stessa società  che l’ha costruita. Poi, incentivi alle compagnie di assicurazione che apportano capitali ai privati che fanno le infrastrutture. E soprattutto un iter molto rapido al Cipe che approverà  le opere strategiche una sola volta, nella versione preliminare e non anche nella definitiva, se i due progetti sono coerenti rispetto a un «medesimo limite di finanziamento». Saranno, infine, semplificati i controlli sulle società  energetiche perché non traducano la maggiore tassazione (la Robin tax) in aggravi di bolletta. Per chiudere, la cessione delle partecipazioni Anas al Tesoro, prevista in manovra, sarà  limitata a quelle dove Anas è concedente e non concessionaria.


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