Sevizie in caserma, sotto accusa due agenti dei Nocs

by Sergio Segio | 15 Settembre 2011 6:33

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ROMA – Un’indagine interna, una della magistratura, e due agenti a processo. All’improvviso, all’indomani della denuncia di Repubblica, si accendono i riflettori sulle notti di violenza nella caserma dei Nocs, il reparto degli agenti scelti specializzati in antiterrorismo, fiore all’occhiello delle forze di sicurezza italiane. «Accerteremo tutto», promette il capo della polizia Antonio Manganelli annunciando l’indagine. Ma il lavoro rischia però di rivelarsi più impegnativo di quanto non sembri, e in breve tempo potrebbe finire per coinvolgere buona parte della scala gerarchica.
Già , perché nella denuncia dell’agente che ha sollevato il velo «sulle sevizie e sulle torture», a metà  tra il sadismo e il nonnismo, praticate nella Caserma di Spinaceto, si racconta anche esplicitamente di come il comando del Nocs fosse stato avvertito più volte di ciò che accadeva davvero dentro quelle mura: delle pratiche folli come l'”anestesia” (picchiare la vittima tanto da renderle insensibile la parte prescelta e poi morderla fino a strappare la carne), delle umiliazioni ai nuovi arrivati, delle molestie sessuali e dei pestaggi. I superiori erano stati avvertiti, dunque, sia in maniera formale, «con appositi atti d’ufficio, protocollati e relazionati», sia in maniera informale: altre volte – scrive l’agente, assistito dall’avvocato Maria Rosaria Bruno – «ho chiesto aiuto implicito ai miei superiori, chiusi in un formalismo teso ad evitare contesti imbarazzanti per il nucleo». Ma non è mai arrivata una risposta. Anzi, in un’occasione, l’agente racconta di aver avuto modo di misurare quanto il sistema ufficiale fosse di fatto allineato, per paura o per interesse, a quello parallelo imposto con il terrore dal gruppo di agenti violenti. Accadde nel 2010, dopo uno dei molti pestaggi subiti, quello nella mensa. «Alla scadenza dei primi 35 giorni di malattia – racconta l’agente – venni visitato dal medico del reparto, il dottor Gianluca Magliani. Gli dissi che stavo meglio ma che non ero ancora abile per il servizio, perché mi faceva male il collo». Il medico ebbe uno strano comportamento: per iscritto lo dichiarò abile al servizio (il servizio fisicamente impegnativo dei Nocs, una squadra di parà  esperti in blitz antiterrorismo), a voce gli consigliò di rivolgersi ad un altro medico, «perché lui non voleva più entrare in quella questione». Tre giorni dopo, l’agente seguì il consiglio. Si rivolse ad un altro medico, anch’esso della Polizia di Stato ma di un altro reparto, non del Nocs. Questi lo dimise con una prognosi di 30 giorni (al termine della quale se ne aggiunse un’altra di 40).
In attesa di capire quanto l’inchiesta interna della Polizia riuscirà  ad accertare, si è mossa comunque anche la procura di Roma. Il pm Elisabetta Cennicola ha chiuso l’indagine per il pestaggio della mensa, disponendo il giudizio immediato per lesioni e minacce (a vario titolo) gli assistenti capo Fernando Oliviero e Stefano Pinto. Ma non è tutto, perché l’indagine è destinata a conoscere una seconda fase, e nelle prossime ore è previsto un vertice in procura per decidere come procedere nella restante parte della denuncia presentata dall’agente, quella relativa alle torture e alle sevizie.

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