Scontro sullo sciopero

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 È sfida tra i sindacati a chi riesce a individuare il mezzo migliore per incidere sul governo e far cambiare la manovra. Tra la Cgil, che conferma il suo sciopero generale di martedì 6 e scalda i motori, e Cisl e Uil che vanno in piazza ma sempre sottolineando che sciopero non è. Ma con diverse defezioni in casa. Ieri i segretari di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, ribadivano di essere stati loro a far fare marcia indietro a Berlusconi sulle pensioni, «mentre lo sciopero della Cgil c’era prima, c’è durante, e c’è dopo»; con il premier che, specularmente, in un colloquio con Il Tempo, confermava di aver modificato la manovra dopo una telefonata «minatoria» da parte dei due sindacalisti non scioperanti.

Ma nel contempo diverse categorie della Uil scalpitano per scioperare, e anche in casa Cisl tanti promettono di incrociare le braccia, e a poco servono i freni dei due «segretarissimi». È il caso della Fim Cisl di Treviso, ad esempio, che ha aderito allo stop della Cgil, decidendo un analogo stop di 8 ore per il 6. Ancora, Fim e Uilm di Milano scioperano già  oggi, per due ore. Fim e Uilm nazionali, sentendosi mancare il terreno sotto i piedi, quindi sono uscite ieri pomeriggio con un comunicato che attacca lo sciopero Cgil e giura fedeltà  a tutte le iniziative decise da Cisl e Uil confederali.
Ancora: la Uilca (i bancari della Uil) ieri ha dichiarato che al comitato centrale della Uil del 16 settembre chiederà  «lo sciopero generale». E non è un mistero che i più agguerriti e determinati allo sciopero siano gli statali e gli insegnanti della Uil, già  testa di ponte del comitato del 16. Eppure ancora ieri Angeletti, al presidio con la Cisl davanti al Senato, tornava a dire che «non è vero che servono gli scioperi». In ogni caso, la protesta di Cisl e Uil continua oggi con sit-in davanti alle prefetture di tutta Italia.
Susanna Camusso, intanto, non si lascia scappare l’occasione per sottolineare che lo sciopero serve eccome: «Noi insistiamo nel dire che il vertice di Arcore ha cambiato due articoli ma tutto il resto è rimasto immutato, e resta iniquo – ha detto ieri -Gli interventi sul pubblico impiego, sul lavoro dei disabili, l’articolo 8 e i tagli agli enti locali che non sono tagli alla politica ma ai servizi per i cittadini». «Le ragioni dello sciopero di martedì 6 restano tutte, perché chi lavora viene pesantemente colpito, mentre serve invece che paghino tutti. E soprattutto che si paghi in base a quello che si ha».
Ieri si è saputo tra l’altro di un nuovo incontro, segreto, tra Bonanni, Angeletti e il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, per parlare dell’articolo 8: la Cgil ha commentato la notizia chiedendo di «chiudere con gli incontri clandestini», e che «tutti i firmatari del 28 giugno rivendichino la cancellazione dell’articolo 8».
La Cgil ha infine voluto accendere i riflettori sulle crisi industriali, visto che negli ultimi giorni i principali media hanno parlato praticamente solo di statali e pensioni. E invece si deve ricordare che centinaia di migliaia di lavoratori sono tuttora in cassa, e che molte crisi aziendali, aperte magari da diversi mesi o anche da più di un anno, non hanno trovato alcuna soluzione.
Sono venti quelle scelte come simboliche dalla Cgil, ma sono in tutto 187 i tavoli aperti presso il ministero dello Sviluppo economico, e vedono almeno 225 mila lavoratori rischiare il posto. Venticinquemila solo nelle 20 aziende simbolo segnalate dal sindacato: si va dall’Agile/Eutelia alla Eurallumina, dalla Irisbus Fiat alla Omsa, passando per Pfizer, Phonemedia, Thyssen. Fino alla Vinyls, famosa per la protesta dell’Isola dei cassintegrati. Industrie chimiche, automobilistiche, tessili, call center, distretti del mobile e della ceramica: non c’è un settore del manifatturiero italiano che non sia ancora sotto scacco a causa della crisi. E dato che in diversi casi gli ammortizzatori sociali vanno ad esaurirsi, si preannuncia un «autunno caldo» purtroppo su tanti fronti.


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