by Sergio Segio | 9 Settembre 2011 6:47
ROMA — Governo e autonomie locali di nuovo ai ferri corti. Di fronte ai nuovi tagli della manovra di Ferragosto, che si aggiungono a quelli dell’anno scorso, i governatori hanno deciso di consegnare all’esecutivo i contratti del trasporto pubblico locale, «a rischio di default», mentre i sindaci sciopereranno e rimetteranno ai prefetti le deleghe sull’anagrafe. Con la nuova sforbiciata di 6 miliardi di euro sul 2012 e di 3,2 miliardi nel 2013, gli amministratori locali sostengono di non essere più in grado di gestire i servizi.
Ieri i governatori, i sindaci e i presidenti delle Province, dopo un incontro, hanno scritto al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per ribadire «l’insostenibilità delle misure, che avranno come conseguenza diretta e inevitabile una contrazione dei servizi pubblici ai cittadini, alle famiglie e alle imprese, nonché effetti ulteriormente depressivi sull’economia e sull’occupazione». E per chiedere «correttivi alla manovra, attraverso un confronto che conduca alla rimodulazione dei tagli, pur a saldi invariati, e la revisione del Patto di stabilità ».
Dal governo, con il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, è giunto un segnale di disponibilità , anche se sarà difficile sgravare le autonomie locali senza modificare la portata complessiva della manovra. «Comprendo le preoccupazioni delle Regioni e degli enti locali. La volontà del governo di avviare un confronto, e non un conflitto istituzionale, non è mai venuta meno e continuerà dopo l’approvazione della manovra» ha detto Fitto, spiegando però che «i saldi devono rimanere invariati perché la crisi ce lo impedisce».
Parole che non placano l’ira degli amministratori locali. «I fondi per il trasporto pubblico locale — dice per esempio il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni — sono scesi da 1,9 miliardi a 400 milioni e non siamo più in grado di soddisfare i contratti pluriennali sottoscritti. Non abbiamo soldi e vogliamo trovarli insieme al governo». Per le Regioni c’è, in più, un problema legato all’utilizzo dei fondi strutturali europei destinati al Mezzogiorno, che se non spesi rischiano di essere revocati.
Per attivare i fondi Ue, però, c’è bisogno del cofinanziamento nazionale, e la maggior spesa per le Regioni del Sud gli farebbe superare il tetto del Patto di stabilità . Nella manovra il governo ha deciso di autorizzare lo sforamento, prevedendo che sia compensato con minor spesa dello Stato e delle altre Regioni. Che non vogliono farlo, sostenendo che la copertura deve essere integralmente a carico dello Stato. Un problema che sta creando malumori soprattutto nella Lega Nord. I cui sindaci, per giunta, sono pronti ad una «class action» contro il governo.
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