Scade il termine dei pm di Napoli Rischio trasferimento per le indagini
NAPOLI — Scade stasera alle 20 il periodo di quattro giorni che la Procura di Napoli aveva offerto al presidente del Consiglio affinché scegliesse quando farsi interrogare in qualità di persona informata dei fatti nell’inchiesta sulla presunta estorsione subita da parte di Gianpaolo Tarantini, di sua moglie Angela Devenuto e del faccendiere Valter Lavitola, che in un anno gli avrebbero spillato almeno 800.000 euro per tenere coperti i rapporti tra il premier e le prostitute che frequentavano Palazzo Grazioli, Arcore e Villa Certosa. E a questo punto resta una sola possibilità che i magistrati napoletani rinuncino al proposito di interrogare Berlusconi: che l’inchiesta passi di mano, che venga trasferita a un’altra Procura. Soluzioni diverse non sembrano essercene più, dopo che è rapidamente sfumata anche una possibile intesa sulla testimonianza assistita, una soluzione che avrebbe consentito al premier di andare davanti ai pm accompagnato dal suo avvocato, ma sempre in qualità di teste, e quindi obbligato a rispondere alle domande che gli sarebbero state poste. Invece Berlusconi, secondo quanto scritto dai suoi legali in due successive istanze inviate alla Procura di Napoli, accetterebbe di sedersi di fronte ai pm soltanto in qualità di indagato in un procedimento connesso (individuato dal difensore del premier Nicolò Ghedini in quello di Milano sul caso Ruby), posizione che gli consentirebbe di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Ma più della testimonianza assistita la Procura non è intenzionata a concedere, e dall’altra parte un cambio di strategia non sembra nemmeno lontanamente ipotizzabile. Quindi soltanto il passaggio dell’inchiesta a un diverso distretto giudiziario potrebbe evitare che alla fine il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore, il suo aggiunto Francesco Greco e i sostituti Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, siano costretti a chiedere al Parlamento di autorizzare l’accompagnamento coattivo (cioè da parte dei carabinieri) del premier all’interrogatorio.
Nonostante intorno a questa eventualità la scorsa settimana si sia scatenata una polemica politica, con forti accuse del centrodestra nei confronti di Lepore, la Procura di Napoli finora non l’ha presa in considerazione, e altrettanto continuerà a fare almeno fino a mercoledì, quando si aprirà l’udienza davanti al Riesame, al quale sono ricorsi Tarantini e Lavitola. Qui è stata sollevata anche la questione della competenza territoriale, e quindi potrebbero essere giudici dello stesso distretto di Napoli a stabilire che l’inchiesta debba essere trasferita altrove, probabilmente a Roma, dove sarebbero avvenuti tutti (o quasi) i passaggi di denaro tra Berlusconi o la sua segretaria e gli indagati o loro emissari. In realtà i pm napoletani avrebbero voluto chiedere anche questo a Berlusconi, proprio per stabilire se sia compito loro procedere nell’inchiesta oppure no. Ma il premier non ci crede, e l’altro giorno ha definito l’interrogatorio al quale si è finora sottratto «un trappolone». La Procura, ovviamente, non ha opposto alcuna replica.
Related Articles
Mills, la prescrizione ora è certa
Il pm: «Mentì per proteggere il Cavaliere». La difesa medita di lasciare il mandato
Da Ciampi a Draghi e al neo premier La classe dirigente a scuola dai gesuiti
ROMA — Lo stretto rapporto che unisce Mario Monti a Mario Draghi non ha come sfondo solo l’Unione Europea, l’alta finanza, i colossi bancari. Di mezzo c’è sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù nel 1534. Monti è ex alunno dell’istituto milanese «Leone XIII» (studiarono lì Massimo Moratti, l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini e Gabriele Salvatores).