by Sergio Segio | 1 Settembre 2011 7:16
ROMA – La manovra di Arcore non regge. A meno di 48 ore dall’accordo Lega-Pdl raggiunto lunedì a casa del premier il decreto da 45 miliardi – quello chiamato a mettere d’urgenza il Paese al riparo dai mercati – torna in alto mare. La maggioranza ritira la parte sulle pensioni che doveva garantire 1,5 miliardi di gettito. Dopo la sollevazione di sindacati e categorie e la scoperta che effettivamente era incostituzionale, viene ritirata la norma che cancellava il riscatto degli anni di università e militare per il calcolo dell’età pensionabile. Così la maggioranza finisce nel caos, il governo non riesce a dare indicazione ai suoi tanto che al Senato la seduta della commissione Bilancio viene rinviata di ora in ora. Saltano tutte le votazioni. Ora il tempo stringe, l’esecutivo dovrà presentare il suo maxiemendamento entro le tre di oggi pomeriggio ma il buco della manovra, con il dietrofront sulle pensioni, si allarga.
Eppure Berlusconi dice che l’accordo di Arcore resta valido, ad eccezione della parte sulle pensioni, e che la maggioranza è salda, così come buoni sono i rapporti con Tremonti. Così scrive l’Ansa riportando conversazioni del premier con i suoi ministri. Il Cavaliere avrebbe anche garantito che le coperture ci sono, che il Tesoro le sta trovando e che al limite, come extrema ratio, è sempre possibile ricorrere alla «scorta» di un possibile aumento dell’Iva. Il presidente del Consiglio parla di un ritocco all’insù dell’uno o dell’1,5%. Ma nonostante tutto vada bene, il premier viene anche descritto come «infastidito e irritato» dal fuoco di fila della maggioranza contro la manovra, dal dibattito che si è riaperto nello stesso Pdl sulla manovra, mentre in questo momento servirebbe moderazione e responsabilità .
Parole del premier a parte, quella di ieri per la maggioranza è stata una giornata di panico. In mattinata il leghista Roberto Calderoli vede il ministro del Welfare Sacconi. Era stato lui a suggerire ai commensali di Arcore di inserire nella manovra la misura sulle pensioni per compensare parte del mancato gettito della supertassa (eliminata) e l’alleggerimento dei tagli ai comuni. Alla fine dell’incontro arriva l’annuncio che la norma incriminata è stata ritirata. Da quel momento è caos. In che misura lo spiega perfettamente il leader dei repubblicani Francesco Nucara che dopo un incontro con il segretario del Pdl Angelino Alfano, desolato, dice: «Ci ha confermato che i saldi della manovra restano invariati, è l’unica cosa certa, per il resto qui nessuno sa niente…».
In effetti iniziano a susseguirsi voci incontrollate che nella manovra fanno rientrare di tutto e di più. Si dice che del decreto ne parlerà il consiglio dei ministri di oggi a caccia di misure alternative alle pensioni, ma Palazzo Chigi smentisce (vorrebbe dire riaprire il vaso di Pandora). Si parla allora di un vertice di maggioranza che lo stesso Berlusconi nega. La discussione deve essere più circoscritta, altrimenti salta tutto. Poi da ambienti del governo arriva la notizia che i soldi non garantiti dalle pensioni saranno recuperati dalla lotta all’evasione. Ma non basta per dare una rotta ai senatori impegnati a discutere il decreto in commissione Bilancio. Così i lavori vengono rinviati a più riprese, non si procede a nessun voto e la conferenza dei capigruppo è spostata ad oggi. Si attendono gli emendamenti del governo. Il presidente di Palazzo Madama Schifani convoca un vertice di maggioranza dopo il quale fa trapelare di avere invitato maggioranza e governo a presentare in «tempi immediati» le varie proposte emendative per consentire alla commissione di avere «piena conoscenza e tempi adeguati di dibattito» che comunque la presidenza conferma di voler garantire. In serata Schifani riceve anche i capigruppo dell’opposizione che protestano chiedendo tempi rapidi di fronte a «una situazione seria».
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