Saleh torna e chiede il dialogo
Ali Abdullah Saleh, il presidente dello Yemen, è tornato ieri nel suo paese dopo un’assenza di oltre tre mesi. Il 3 giugno era stato gravemente ferito alla testa da un proiettile, sparato nel corso di un attacco contro la moschea del palazzo presidenziale di Sanà a, ed era andato a curarsi a Ryad, capitale saudita. Saleh, al potere da 33 anni, è tornato in un paese sempre in piena crisi. La piazza lo accusa di nepotismo e corruzione. Da gennaio scorso, i manifestanti – accampati nella piazza del Cambiamento – chiedono le sue dimissioni.
Negli ultimi sei giorni, durante sanguinosi scontri fra i suoi sostenitori e i soldati dissidenti sostenuti dai ribelli tribali di opposizione, nella capitale Sanà a sono morte almento 11 persone e circa un migliaio sono rimaste ferite. E sempre nella capitale, l’ex ministro della Difesa yemenita, il generale Abdullah Ali Aliwa, che nei giorni scorsi era passato nelle fila dell’opposizione, è scampato a un attentato. Alcuni cecchini fedeli al presidente avrebbero aperto il fuoco contro Aliwa, ormai accanito oppositore del presidente Saleh, mentre percorreva in auto la via Sittin, ferendo l’autista e uccidendo un altro passeggero. Secondo i partiti d’opposizione, responsabili dell’attentato sarebbero i soldati del presidente, in lotta contro i militari passati dall’altra parte. A marzo, il generale Ali Muhsin al-Ahmar, capo del primo reggimento corazzato, è diventato uno dei leader dell’opposizione.
Per l’arrivo del presidente, tutte le strade che portano all’aeroporto di Sanà a e al palazzo presidenziale (che si trova nella parte sud della capitale) sonostate chiuse, presidiate dalla Guardia repubblicana, guidata dal figlio di Saleh. Dal 3 giugno è la Guardia repubblicana che detiene il potere e controlla le tribù fedeli al regime. Ieri sono circolate voci di possibili dimissioni del presidente. Secondo la tv satellitare al-Arabiya, il presidente avrebbe potuto «prendere una decisione storica per lo Yemen» dopo una riunione con i vertici del partito del Congresso, al potere nel paese. Un portavoce del governo ha però subito smentito la notizia: il presidente – ha detto – non terrà un discorso ufficiale alla nazione (previsto invece per per il 26 settembre, 49mo anniversario della Rivoluzione). In compenso, dal suo palazzo, Saleh ha invitato al dialogo e ha chiesto «una tregua e un completo cessate il fuoco» per raggiungere il consenso tra tutti i partiti politici. «La soluzione non è nelle pistole e nei cannoni, ma attraverso il dialogo e la comprensione», ha detto.
Un discorso d’apertura che potrebbe essere frutto delle mediazioni in corso in base all’ultimo piano di transizione del potere presentato dal Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), di cui fanno parte Arabia Saudita, Kuwait, Emirati arabi uniti, Oman, Qatar e Bahrein. Già ad aprile, il governo aveva accettato una proposta del Ccg, respinta però dalle opposizioni perché garantiva l’immunità al presidente. Un secondo tentativo che prevedeva la partenza del presidente nel giro di un mese e nuove elezioni era stato invece respinto da Saleh. In maggio, un nuovo piano di transizione, respinto da Saleh, ha portato un’ulteriore fiammata di proteste. Abbarbicato al potere, e contando su un’opposizione variegata e divisa, Saleh conta di preparare a modo suo la successione, con l’appoggio delle monarchie che fanno parte di quel Consiglio di cooperazione.
Ieri, la Casa bianca ha nuovamente invitato Saleh a lasciare il potere. E un portavoce dell’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza comune, Catherine Ashton, ha chiesto «al presidente e a tutte le parti in Yemen calma e la moderazione», e «un rapido accordo politico sulla base della proposta del Consiglio di cooperazione del Golfo».
Tre militari italiani sono morti e altri due hanno riportato leggere contusioni in seguito ad un incidente stradale avvenuto ieri in Afghanistan nella zona di Herat. Le vittime sono il tenente Riccardo Bucci, lagunare della Serenissima di Venezia, il caporal maggiore scelto Mario Frasca, in servizio presso il Quartier generale del comando delle forze operative terrestri di Verona, e il caporal maggiore Massimo Di Legge, del raggruppamento logistico centrale di Roma. Non è chiara la dinamica che ha portato il convoglio su cui viaggiavano i soldati a ribaltarsi, nella zona sono in corso i rilievi dei carabinieri. Il comando assicura che si è trattato di un incidente d’auto: «Sono escluse altre possibili cause come l’esplosione di un ordigno», ha dichiarato il maggiore Marco Amoriello, portavoce del contingente italiano in Afghanistan. Cordoglio e vicinanza alle famiglie delle vittime sono stati espressi dalle autorità italiane. «Non mi consola il fatto che questo tragico incidente poteva capitare ovunque», ha aggiunto il ministro della difesa Ignazio La Russa, che si è detto pronto a riferire dell’episodio in parlamento. Sale così a 44 il numero dei militari italiani morti in Afghanistan dall’inizio della missione Isaf-Nato nel 2001. Più tardi nella giornata di ieri un altro soldato è rimasto ferito in uno scontro a fuoco nella zona di Bala Murghab, quando il contingente è stato attaccato da un gruppo di insorti mentre conduceva un’operazione congiunta con le forze di sicurezza afghane.
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