Rafforzati i contratti aziendali ora sarà  più facile licenziare rivolta di Cgil e opposizione

by Sergio Segio | 5 Settembre 2011 7:22

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L’emendamento arriva nel primo pomeriggio. E’ della maggioranza e ottiene l’approvazione della Commissione bilancio del Senato. Mette nero su bianco quel che la precedente versione dell’articolo 8 della manovra lasciava intuire. Dice il nuovo testo che i contratti aziendali o territoriali «operano anche in deroga alle disposizioni di legge» sul lavoro. In sostanza se un’azienda trova l’accordo dei sindacati può aggirare in fabbrica quel che la legge impedisce a livello nazionale e questo vale per gran parte delle materie, compreso il licenziamento senza giusta causa. Quel licenziamento, vietato dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, viene di fatto permesso in azienda se azienda e sindacati trovano un accordo sul risarcimento da corrispondere al licenziato. Tutto questo, naturalmente, «fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro». Il nuovo testo fa anche esplicito riferimento «all’accordo interconfederale del 28 giugno 2011», quello firmato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.
Le reazioni dell’opposizione sono durissime mentre i sindacati tornano a dividersi tra di loro. «In questo modo il diritto del lavoro torna indietro di 60 anni», dice il responsabile del Pd, Stefano Fassina. Per la Cgil «le modifiche finiranno per annullare il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori». In corso d’Italia si accusano esplicitamente Cisl e Uil «di parlare d’altro senza accorgersi di quel che sta succedendo». Di avviso opposto Paolo Pirani della Uil: «Rischi per la Costituzione non ce ne sono. Semplicemente si prevede la possibilità  per i sindacati di avvalersi di un potere di deroga. Il prossimo passaggio deve essere la ratifica dell’accordo di giungo da parte di tutti i firmatari». Il riferimento della Uil è al fatto che l’accordo firmato a giugno da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria, un accordo che stabilisce le condizioni per poter firmare in fabbrica un contratto valido per tutti i dipendenti, non è ancora stato firmato formalmente dalla Cgil in attesa che si concluda la consultazione degli iscritti. Contro la Cgil si schiera anche la Cisl. Duro Bonanni: «Se, come dice la Cgil, il governo lavora per dividere i sindacati, la Camusso fa il doppio». Poi però una nota della stessa Cisl interpreta l’emendamento del governo sostenendo che nel nuovo testo di darebbe «solo ai sindacati più rappresentativi, legittimati da leggi e accordi interconfederali, il potere di siglare intese a livello aziendale».
A metà  pomeriggio una nota del ministro Sacconi risponde alle critiche: «Non ha senso parlare di libertà  di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono alla oggettività  della norma». Secondo il ministro infatti «per i licenziamenti senza giusta causa le intese possono solo preferire la strada del risarcimento a quella della reintegrazione». Il problema è che a scegliere non sarà  il dipendente ma azienda e sindacato.
Quelle sui contratti di lavoro non sono le uniche novità  di giornata di una manovra che non cessa di riservare colpi di scena. Ieri è saltato l’obbligo di indicare sulla dichiarazione dei redditi l’indirizzo della propria banca. I comuni invece potranno pubblicare su internet le dichiarazioni dei redditi dei cittadini ma solo raggruppandoli per categorie in modo da tutelare l’anonimato.

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