“Salviamo l’asilo perfetto” la gara di Reggio Emilia per restare in cima al mondo
REGGIO EMILIA. ASILI considerati fino a ieri tra le scuole più belle del mondo, ma che oggi nell’assedio feroce di tagli e di riduzioni agli enti locali, rischiano una veloce erosione di qualità ed eccellenza. E per salvare questo esperimento educativo unico in Italia, la grande rete degli asili chiede aiuto, lanciando una fondazione a cui chiunque potrà partecipare, una sorta di “azionariato popolare” che chiama all’appello ex bambini e genitori, nonni ed insegnanti, cuoche ed ex cuoche, partner famosi e semplici cittadini.
E bisogna entrare in un asilo comunale di Reggio Emilia, in questi spazi ariosi e luminosi fatti di legno e colore, di vetri e leggerezza, immersi tra le piante, i disegni, i giochi d’acqua e di ombre, l’odore di buon cibo e gli arredi che ricordano le onde del mare o gli oblò delle navi, per capire e vedere i “cento linguaggi” di cui sono fatti i bambini, così come li descriveva Loris Malaguzzi. Un pensiero educativo forte e radicato a cui si ispirano oggi ottanta servizi frequentati da quasi settemila alunni, che fanno di Reggio Emilia la città italiana con il più alto tasso di scolarizzazione dai zero ai sei anni, e che nel 1991 portò Newsweek ad inserire gli asili emiliani nella lista delle scuole più belle del pianeta. Adesso però, dopo 40 anni in cui il “Reggio approach” è stato esportato e adottato in centinaia di scuole, dagli Stati Uniti alla Cina, la grande rete degli asili e dei nidi rischia di dover dimezzare orari, personale, materiali, strutture. «Tra due giorni – spiega Claudia Giudici, presidente dell’Istituzione scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio – nascerà la “Fondazione internazionale Reggio Children Centro Loris Malaguzzi”, che servirà proprio a raccogliere fondi per mantenere alta la qualità pedagogica delle nostra scuole, e il funzionamento stesso degli asili. Perché il taglio di risorse è ormai drammatico, da noi come nel resto d’Italia, nonostante il Comune destini gran parte delle risorse ai servizi educativi, e basta pensare che se quattro anni fa per la manutenzione delle strutture avevamo a disposizione 800mila euro, quest’anno per 80 asili i fondi sono stati soltanto di 130mila euro». Una specie di grande sottoscrizione popolare, di micro e grandi donazioni. Tra i soci fondatori, oltre ai network internazionali, il Gruppo Feltrinelli, da sempre vicino all’esperienza degli asili di Reggio ed editore di Howard Gardner, psicologo di Harvard e grande sostenitore della filosofia di Loris Malaguzzi.
Nella “piazza” della scuola dell’infanzia e primaria del “Centro internazionale Malaguzzi”, una struttura avveniristica inaugurata nel 2009 e ricavata dentro gli ex magazzini Locatelli, i bambini, tra cui tanti piccoli immigrati ghanesi e cinesi, lavorano in piccoli gruppi, assemblano oggetti, inventano, sperimentano forme sui tavoli luminosi. Le maestre li osservano discretamente, prendono appunti, ogni tanto consigliano. Altri bambini invece passano negli “atelier”, dove una figura ad hoc, l’atelierista, li guida in ambienti in cui si crea con le piante, l’argilla, le pietre e i travestimenti, i computer, la fotografia, tra specchi e riflessi dove i bambini, proprio come Alice nel paese delle meraviglie cercano di scoprire se stessi, rispondendo alla domanda «Chi sono dunque io? Ditemi questo prima di tutto… «. «In ognuno dei nostri asili – racconta Maddalena Tedeschi, pedagogista, una lunghissima esperienza nei nidi del “Reggio approach” – è presente uno spazio centrale che noi chiamiamo “piazza”. Il bambino infatti, così pensava Loris Malaguzzi, è un cittadino dotato di diritti e saperi, che deve essere ascoltato, e può scegliere da solo cosa fare e come muoversi nello spazio, uno spazio simile ad un acquario, con grandi oblò che rendono i muri trasparenti, dove tutto diventa esperienza. Dalla lettura di una favola al cibo, dalla sperimentazione della luce ai giochi che si fanno lavandosi le mani, in vasche pensate proprio per divertirsi con l’acqua, alla torta preparata in cucina con le cuoche. E i bambini non vorrebbero mai andare via… «.
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