“Questa è la svolta della vita” Da Finmeccanica ai gasdotti così Silvio mediava per Gianpi

by Sergio Segio | 18 Settembre 2011 7:32

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BARI. In un conflitto di interesse che si fa abuso permanente, tra ottobre 2008 e giugno 2009, il Presidente del Consiglio lavora con completa adesione al sogno del suo lenone barese, il custode della sua dipendenza sessuale.
Accede a un baratto di cui Gianpaolo Tarantini non fa mistero, perché ne ha fatto un mantra («Con le prostitute e la cocaina volevo realizzare una rete di connivenze nella pubblica amministrazione. In questi anni, ho pensato che le ragazze e la cocaina fossero una chiave per il successo», spiega a verbale il 29 luglio 2009). E di cui, ora, le 5 mila pagine dell’istruttoria barese documentano i termini. C’è da mettere le mani su una montagna di grano. Prima, una partecipazione societaria nella “Sel Proc” (consortile a capitale pubblico), per un business con la Protezione Civile e Finmeccanica da 280 milioni di euro in cui tirare dentro anche Paolo Berlusconi. Quindi, l’affidamento dalle controllate Finmeccanica di 12 appalti che valgono 51 milioni di euro. In un futuro non lontano, un gasdotto tra Albania e Italia, progetto battezzato “Tap” (Trans adriatic pipeline), dichiarato di interesse dai governi di Roma e Tirana nel marzo del 2009 e a cui invitare a partecipare lo stesso Premier con proprie disponibilità  finanziarie. Per non dire di un fumoso progetto di sorveglianza elettronica del Paese (le intercettazioni telefoniche non riescono a carpirne il dettaglio) che – se la ride Tarantini conversando con il socio Enrico Intini – «Può servire anche a Lui».
«E’ la svolta della vita».
Tarantini gongola nei primi giorni di ottobre 2008. Ha riagganciato Silvio Berlusconi dopo l’estate sarda. E’ entrato a Palazzo Grazioli e il Premier ha gradito assai la sua giovane mercanzia. E dunque, all’amico Salvatore Castellaneta, avvocato d’affari brindisino che sul suo profilo facebook giustappone la sua foto a quella di Harrison Ford per mostrarne la somiglianza, un professionista che orbita in area Pd e spera di raccattare qualche briciola che in qualche modo avrà  (viene nominato nel maggio 2009 nel collegio sindacale della “Sistemi e Telematica spa”, società  controllata dal gruppo Finmeccanica), confida la sua eccitazione. Castellaneta concorda, lo incita. «Questa è la svolta della vita. E’ un ferro da battere caldo». Tarantini lo sa. Il 22 di quel mese è a Roma, alla cena di palazzo Madama, in cui Berlusconi ha invitato la crema dell’industria italiana e con lei ministri (Tremonti, Scajola, Frattini, Fitto) e manager di primissimo livello (l’amministratore delegato di Telecom Franco Bernabè, Giovanni Perissinotto di Generali, Massimo Sarmi di Poste Italiane, Mauro Moretti di Ferrovie).
Bisogna dunque immaginarlo Gianpi da Giovinazzo, trentenne cocainomane, imprenditore corrotto delle protesi sanitarie in Puglia, aggirarsi con un flute in mano, orecchiando i discorsi dei “grandi”, invitato personalmente dal Premier («Senti, sta a sentire – dice Berlusconi – dunque domani sera c’è una cena di tanti importanti industriali a Villa Madama, quindi… se vuoi…») in un consesso in cui non ha uno straccio di argomento da abbozzare. E bisogna forse fissare in quella sera il momento in cui comprende che nulla è impossibile.

«Guarguaglini e Scajola a pecora»
Tarantini – documenta l’inchiesta – ha infatti «abbandonato il progetto iniziale di entrare in politica con il sostegno di Berlusconi, per quello più redditizio di entrare nel circuito delle grandi opere pubbliche». Mette insieme un «comitato d’affari» che non guarda al colore, ma al grano che balla. E che attira imprenditori pugliesi di osservanza Pd. Da Enrico Intini a Roberto De Santis. Così come le raccomandazioni del “banchiere rosso” Vincenzo De Bustis (ex Deutsche Bank, Montepaschi e Banca 121), che affida a Tarantini «una relazione sulla situazione economica» da consegnare al Premier. Sappiamo già  (“Repubblica” ne ha dato conto ieri), che Berlusconi fa da passe-partout per Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile e, soprattutto per Pierfrancesco Guarguaglini, allora presidente e ad di Finmeccanica. Tarantini, nei suoi conversari con Intini, definisce il Premier «il carico da cento» e lo gioca, come un asso di briscola, ogni qual volta avverte resistenze. Ma scopriamo ora quale livello di obbedienza i due dimostrino. A cominciare da Bertolaso, che, nei giorni dell’emergenza rifiuti a Napoli, riceve dalle mani del Premier la brochure che deve accreditare il duo Tarantini-Intini alla Protezione civile. Non è da meno il presidente di Finmeccanica. «Ieri, Berlusconi mi ha detto: “Guarguaglini è uno vostro”», riferisce Tarantini a Intini il 6 dicembre 2008. E a suo dire, per ben due volte (nel dicembre 2008 e nel febbraio 2009), Berlusconi convoca a palazzo Grazioli il presidente della holding per sollecitarlo di persona a sdoganare i contratti che Tarantini e il suo socio Intini attendono di ricevere. Per «appecoreggiarlo», farne una “pecora” docile. Apprezzamento che Tarantini, in un colloquio del 10 febbraio 2009, riserva anche all’allora ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, di cui ipotizza una sponda per il progetto del gasdotto albanese. «Ci ho fatto due viaggi in aereo – dice a Intini – E’ un uomo suo (di Berlusconi ndr.). Si mette a pecora, quello».
Del resto, annotano gli inquirenti, «dopo una prima fase in cui coltiva la prospettiva di entrare nel capitale della società  “Sel Proc” (l’affare da 280 milioni di euro ndr.), il progetto del comitato d’affari muta nella prospettiva di entrare in affari commerciali con la Protezione Civile e Finmeccanica». Nella lista della spesa ci sono infatti 12 appalti che Finmeccanica può aggiudicare con «affidamenti pilotati», perché non sono previste gare. La posa di cavi di fibra ottica nelle Marche (16 milioni di valore); l’ampliamento della rete isoradio; la fornitura di apparecchiature per il monitoraggio dei terremoti, per componenti di ponte radio alla Protezione Civile (22,7 milioni di euro), per beni e servizi al vertice del G8 dell’Aquila (17,8 milioni di euro).
«Mignotte per Finmeccanica»
Nel maneggiare i rapporti con la holding di piazza Montegrappa, il format di Tarantini si ripropone. La rete con cui «accerchia» il management di Finmeccanica è l’unico che conosce. Aggancia Salvatore Metrangolo, mettendogli nel letto una delle ragazze della sua scuderia. E il 24 aprile del 2009, a casa sua a Roma, mette intorno a un tavolo, dove siede anche Paolo Berlusconi, Lorenzo Borgogni, potentissimo direttore delle relazioni esterne di Finmeccanica, e tre “bambine” della sua scuderia: Barbara Guerra, Fadoua Sebbar e Letizia Filippi. A Fadoua raccomanda: «Vestiti da mignotta… vestito nero corto. Si deve vedere il pelo appena appena». E l’indomani mattina, si abbandona ad un commento con Micaela Ottomano, segretaria personale dell’allora sottosegretario con delega alle comunicazioni (oggi ministro) Paolo Romani. Anche lei è stata alla cena, perché Tarantini, attraverso di lei deve arrivare a Romani, di cui ha bisogno per accelerare la concessione di frequenze radio da cui dipende uno degli appalti che Finmeccanica gli ha promesso. La Ottomani ha chiaro quel che ha visto: «Si vedeva che erano due puttanone. Ti è costato altri duemila…».

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