“Patrimoniale dell’1,5 per mille e addio alle pensioni di anzianità ”
ROMA – O il governo presenta entro una settimana un piano per rilanciare la crescita, o al programma ci penseranno loro. Anzi, in realtà l’elenco delle cose da fare è già pronto, con proposte puntuali e ben definite. Gli industriali dopo aver precisato di non «tollerare più lo stallo» in cui versa il Paese, hanno fissato la scadenza dell’ultimatum dettato al governo e hanno messo a punto un «loro» piano di sviluppo.
Il «Manifesto delle imprese per salvare l’Italia» annunciato dalla leader di Confindustria Emma Marcegaglia è già stato discusso e le bozze stanno circolando. Campi d’intervento e dettagli fissati con precisione, a partire dall’ipotesi patrimoniale e da un nuovo intervento sulla previdenza. I capitoli ai quali bisogna mettere mano, secondo le imprese, sono cinque: fisco, liberalizzazioni e privatizzazioni, semplificazioni, infrastrutture, energia. Tre sono invece i canali dai quali recuperare risorse: le pensioni, l’imposta sui patrimoni, il contrasto all’evasione fiscale.
Ed è proprio quella che riguarda il recupero dei fondi la parte più innovativa del piano. Confindustria, infatti, propone che nella dichiarazione dei redditi sia introdotto l’obbligo di indicare lo «stato patrimoniale», rendendo così più facili i controlli sull’evasione. Ma le imprese aprono anche le porte – pur precisando che va fissata una soglia di esenzione – ad una imposta annuale sui grandi patrimoni con aliquota massima dell’1,5 per mille. A fronte di questa proposta – che va incontro alle richieste del sindacato – ne viene però presentata un’altra che lo farà molto discutere: Confindustria chiede di superare le pensioni di anzianità anticipando di un anno, al prossimo gennaio, le misure che legano l’aumento dell’età pensionabile alle migliori aspettative di vita. Le anticipazioni dovranno riguardare anche le pensioni delle donne: Marcegaglia chiede di avviare l’innalzamento d’età previsto già fra tre mesi arrivando così all’equiparazione con gli uomini nel 2019 (oggi è prevista per il 2026). Per quanto riguarda la lotta all’evasione si propone di limitare l’uso del contante ai 500 euro e di applicare un’imposta ai prelievi bancari che superino una determinata soglia mensile.
Passando agli interventi da effettuare subito, le linee guida studiate da Confidustria per il fisco vanno dalla riduzione del costo del lavoro – raddoppio gli importi forfettari previsti per le deduzioni al cuneo fiscale Irap e prolungamento di quelli stabiliti per l’apprendistato – ai regimi di favore, come un credito d’imposta automatico di almeno dieci anni, da assicurare a chi fa ricerca e innovazione. Nel capitolo privatizzazioni e liberalizzazioni le imprese chiedono una riduzione della presenza del settore pubblico: si mettano in vendita le partecipazioni di enti locali e Stato e si avvii un piano pluriennale di dismissioni degli immobili pubblici. Progetti da completare introducendo il principio della libera concorrenza nella Costituzione e liberalizzando le professioni (a partire dalla riforma degli ordini e dal divieto di tariffe minime). Ma andrà rivisto anche il Titolo V della Costituzione, riassegnando allo Stato la competenza su attività produttive, energia, reti e infrastrutture. Oltre a ciò le imprese chiedono investimenti in efficienza energetica, e soprattutto un quadro stabile di incentivi. Per quanto riguarda le infrastrutture vogliono lo sblocco delle opere già finanziate; incentivi per aumentare il coinvolgimento della finanza privata e una riduzione della spesa dei Ministeri che tuteli i maggiori investimenti.
Progetti ai quali la maggioranza concede una cauta apertura («Non siamo sordi alle proposte delle parti sociali» ha detto Alfano del Pdl), ma Confindustria non intende aspettare oltre: «Se in un tempo brevissimo, diciamo una settimana, il governo non si decide a varare le misure necessarie, rischiamo di subire danni irreparabili» ha ribadito ieri la presidente Emma Marcegaglia.
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