“Modelli vecchi e zavorra Chrysler” Moody’s taglia il rating alla Fiat

by Sergio Segio | 22 Settembre 2011 5:52

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TORINO – Moody’s declassa Fiat. Perché, scrive l’agenzia di rating, «il rischio del business concentrato su un settore altamente ciclico come quello automobilistico e il tasso di rinnovo dei modelli relativamente basso rispetto ai concorrenti diretti, riduce la sua posizione competitiva». Pochi modelli dunque ma anche gli effetti della fusione con Chrysler, una società  che arriva da un fallimento e che, per forza di cose, ha una valutazione ancora negativa. Tanto che in Usa la notizia viene letta come la diretta conseguenza dell’alleanza tra Torino e Detroit: «Moody’s penalizza la Fiat per colpa di Chrysler». Esplicitamente gli analisti della società  di rating spiegano che «la valutazione di outlook negativo è legata ai rischi dell’intergrazione con Chrysler, ma se questa andrà  a buon fine potrà  stabilizzarsi».
La decisione di Moody’s di abbassare il rating da Ba1 a Ba2 porta la valutazione del Lingotto allo stesso livello di quella stabilita tempo fa da un’altra agenzia, Standard and Poor’s. Gli analisti valutano l’attuale indebitamento del Lingotto a 8,3 miliardi di euro. Due giorni fa a Londra Marchionne aveva previsto che entro fine anno l’indebitamento del gruppo dovrebbe scendere a 5,5 miliardi mentre la liquidità , valutata da Moody’s a giugno a 12 miliardi, ora sarebbe intorno ai 18. Nella valutazione della società  di rating si tiene conto anche di elementi positivi come «la diversificazione geografica» e «le sinergie» tra le due società  che si avviano verso la fusione. Sull’altro piatto della bilancia ci sono le incognite sul prezzo di acquisto del 40 per cento delle azioni Chrysler ancora in mano al fondo pensionistico Veba. E il fatto che «l’utilizzo di comuni architetture produttive aumenta la dipendenza reciproca» tra le due società .
Il downgrade punisce il titolo in borsa: Fiat spa perde il 6,22 per cento e si ferma poco sopra la soglia dei 4 euro, quasi vanificando i progressi registrati nei giorni scorsi. In controtendenza le azioni di Fiat Industrial che sale del 3,32 ancora sull’onda dei target annunciati due giorni fa dal presidente Marchionne.
Il manager del Lingotto è da ieri sera in Usa per tentare di chiudere l’accordo con il sindacato Uaw sul nuovo contratto di lavoro negli stabilimenti della Chrysler. Tentativo fallito sette giorni fa perché il leader del sindacato ha preferito prima concludere l’accordo con la Gm sperando di costituirsi un precedente da far valere sul tavolo della trattativa con Marchionne. Ieri sera King non aveva ancora deciso se accettare la trattativa con l’ad del Lingotto o se invece rinviarla nuovamente per chiudere prima l’accordo con Ford.
In Italia intanto si consuma la vicenda Irisbus. Cariche della polizia e proteste ieri in via Veneto, di fronte alla sede del Ministero dello Sviluppo economico, dov’era in programma l’incontro tra le parti per risolvere la crisi dello stabilimento degli autobus di Valle Ufita, in provincia di Avellino, il luogo dove Fiat Industrial intende cessare la produzione. L’azienda ha accettato di prorogare «fino al 31 dicembre» l’attività : «Sia chiaro – ha ricordato l’amministratore delegato di Iveco, Alfredo Altavilla – che non ci saranno altre proroghe». Per il ministro Paolo Romani «il rinvio della chiusura serve ad avere il tempo per trovare soluzioni». Anche alternative alla cessione dell’impianto a Massimo Di Risio, l’imprenditore che i sindacati non vogliono perché lo considerano un liquidatore. La scelta su come proseguire la vertenza verrà  presa lunedì dai lavoratori riuniti in assemblea nello stabilimento ma «quel che più conta – hanno detto all’unisono le organizzazioni sindacali – è che il governo si impegni a finanziare l’acquisto degli autobus da parte delle amministrazioni locali, unica condizione perché diventi redditizia la produzione».

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