“Il socialismo europeo è storia passata”

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ROMA – «Una nuova stagione progressista è possibile», ma il socialismo europeo deve «prendere atto che si è conclusa una storia». Massimo D’Alema parla a un seminario del Partito democratico sulla socialdemocrazia. E mette una pietra sopra alla storia. «Una nuova stagione progressista non sarà  più secondo i modelli classici anche se i socialisti ne saranno protagonisti – ha spiegato D’Alema -. Muoverà  sulle basi di una coalizione progressista, con un progressismo plurale basato su nuovi principi, avrà  l’europeismo come pilastro ma soprattutto dovrà  avere consapevolezza dei limiti del passato».
Su questo crinale si sta muovendo ormai da mesi D’Alema che è anche presidente della Fondazione dei progressisti europei (Feps). L’ex premier ha invitato tutti a riflettere sul fatto che nel mondo «le grandi forze progressiste al governo non hanno matrice socialista». Per questo D’Alema chiede che «i socialisti europei vadano oltre i confini della loro esperienza storica e geografica». Perchè «l’Internazionale socialista riflette un mondo che non c’è più». Bisogna cioè prendere atto che si è conclusa una storia, costruire su basi nuove il profilo del socialismo europeo secondo basi di un movimento più ampio che non può non definirsi progressista. «Prendere atto di tutto ciò con una svolta radicale sarebbe una scelta storica».
È l’ulteriore evoluzione di un pensiero già  espresso in passato. A un altro seminario organizzato in gennaio dai gruppi parlamentari D’Alema aveva sottolineato che la sfida per i socialisti «è allargare i confini» legati alla vicenda europea. L’Internazionale socialista, diceva allora, è «figlia del secolo scorso». Il modello immaginato per l’Europa e per il mondo è in fondo lo stesso che D’Alema auspica per l’Italia. Il compito dei socialisti è lavorare per costruire una «coalizione ampia» di forze di sinistra, ambientaliste, democratiche e di centro in grado di rappresentare «un’alternativa robusta» alle destre e al populismo, era il messaggio di gennaio. E in Italia serve la medesima ricetta. «Lavorare a un’alleanza tra progressisti e moderati». Guidata da chi? «Bersani – ribadisce il presidente del Copasir – è il nostro candidato premier».


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