by Sergio Segio | 27 Settembre 2011 7:14
ROMA – «L’implosione dell’euro non è mai stata così vicina, e amareggia vedere occasioni preziose come le riunioni di Washington andare sprecate». Jean-Paul Fitoussi, economista dell’Institut d’études politiques di Parigi e antico conoscitore di vicende europee, non ci ha creduto neanche un minuto al “piano dei tremila miliardi” e alla ritrovata solidarietà intorno alla Grecia. Al contrario, resta convinto che ogni giorno di più si rafforzino «i nazionalismi, le tentazioni protezionistiche, gli estremismi politici».
Per un attimo è sembrato che i grandi della Terra, spronati da Obama, si fossero coalizzati per sostenere la Grecia…
«Macché. Il G-20 si è limitato a ricordare di fare in fretta, perché i partecipanti sanno benissimo che se l’Europa crolla, il mondo la segue. Si rendono conto dell’interdipendenza figlia della globalizzazione. Tutto qui. Non c’era nessun piano, e se c’era era destinato a fallire in partenza».
Perché tanto pessimismo?
«Per una semplice ragione. Nell’Eurozona è in vigore il principio dell’unanimità . Qualsiasi decisione, a maggior ragione quelle connesse con i salvataggi, dev’essere presa da tutti i Parlamenti. E ci sono Paesi – Finlandia, Olanda, Slovenia dov’è pure caduto il governo intorno a questo problema – che non approveranno mai piani di questa portata. Quindi è inutile annunciarli».
Ma i Paesi più forti non riescono a far sentire la loro voce?
«A questo punto non credo neanche che la Germania sia convinta di salvare la Grecia. La Merkel non lesina proclami in questo senso, ma quando si trova di fronte uno sbarramento parlamentare e di opinione pubblica come quello che si annuncia per la discussione sul rifinanziamento dell’Efsf, non credo che avrà la forza per imporsi. Ammesso che sia quello il suo vero intendimento, cosa di cui ho sempre dubitato».
Adesso che misure propone?
«Ci sarebbe la via di utilizzare l’Efsf non come fondo vero e proprio ma come garanzia presso grandi istituzioni finanziarie per ottenere fondi per i salvataggi. Secondo il principio della leva finanziaria sarebbero molto ampliate le disponibilità , un po’ come se si anticipassero i meccanismi del Fondo monetario europeo».
Usare l’Efsf come leva in un momento in cui alle banche di tutto il mondo si chiede di non forzare su questo strumento?
«Ma questa non è una banca. È un fondo pubblico europeo, tutt’altra cosa. Tra l’altro sarebbe di sollievo per le banche stesse perché proteggerebbe i titoli di Stato dalla svalutazione».
Non c’è altro modo per un intervento europeo risolutivo?
«Bisognava pensarci prima. Se si fosse dotata l’Europa di un governo ora queste decisioni sarebbero prese a maggioranza. Ma gli egoismi nazionali hanno prevalso. Andrebbe modificata la Costituzione europea, ma la modifica andrebbe approvata a sua volta da tutti i Parlamenti, e siamo al punto di partenza. L’unica via oggi è l’illegalità ».
L’illegalità ?
«Bisogna violare la regola dell’unanimità con misure in deroga. Siamo in una situazione eccezionale: una vera tragedia europea».
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