Profumo pronto a scendere in campo “Ma non ci sono partiti adeguati”
ROMA – Anche l’ex ad di Unicredit Alessandro Profumo è interessato a un ruolo attivo nella politica. Un’ipotesi solo abbozzata ma paradossalmente più esplicita rispetto all’altro manager che si prepara a un impegno pubblico, Luca di Montezemolo. Se l’ex presidente della Ferrari è sull’uscio della politica da due anni con le sue esternazioni e l’associazione Italia futura, Profumo in un pomeriggio brucia i tempi e dice di sì a un’eventuale chiamata. «Se c’è bisogno di dare un contributo non mi tiro indietro. Da parte mia c’è la passione. A 54 anni mi metto in gioco se c’è bisogno di un aiuto per far funzionare le cose», annuncia a sorpresa alla festa nazionale dell’Api in corso a Labro, una cittadina alle porte di Rieti.
Di fronte all’ex numero uno di Unicredit, il gelo di Pier Ferdinando Casini verso Montezemolo si trasforma invece in una calda investitura. «Hai un sacco di soldi, hai lavorato bene e sei una fra le persone più intelligenti del Paese – dice il leader dell’Udc parlando direttamente a Profumo sul palco della festa – Ti vedrei benissimo come un ottimo ministro dell’Economia. Profumo non sarà l’uomo della provvidenza ma sarà uno che potrà dare una mano. È così che si deve fare».
La differenza di valutazione di Casini tra Montezemolo e Profumo si spiega con il lungo tira e molla del presidente Ferrari su un impegno concreto in politica. «Non è così che ci si affaccia alla responsabilità pubblica – è il ragionamento del leader centrista -. Speriamo che adesso, dopo l’uscita di Profumo, anche Montezemolo faccia chiarezza». La disponibilità del banchiere è stata accolta con molto favore dall’Api, il partito di Francesco Rutelli che fa parte del Terzo polo. Dal Partito democratico arriva invece il gelo totale. E pensare che Profumo è un grande elettore del Pd, sempre presente nelle file delle primarie democratiche, sostenitore palese di Rosy Bindi alle prime consultazioni per la segreteria. Ma non c’è da stupirsi. Profumo a Labro è molto severo anche con il suo partito (o ex). «La manovra non è adeguata nelle quantità e mi sembra assolutamente insostenibile. Occorrerebbe una patrimoniale molto rilevante per abbattere lo stock di debito», è la sua proposta. Chi può portarla avanti? Nessuno, è la risposta. «Bisogna rivedere i meccanismi di spesa, uscire da una mentalità di tagli lineari ed entrare in quella di tagli qualitativi – spiega -. Ma ci vorrebbe una forza politica che non esiste assolutamente. La situazione è insostenibile, balliamo sull’orlo del baratro».
Il Pd la prende molto male. «Conoscevo un Profumo che leggeva prima di parlare. Evidentemente non conosce le nostre proposte», replica Francesco Boccia, lettiano, coordinatore delle politiche economiche del Pd. «Nel programma preparato da noi ci sono la Tobin Tax, la tassazione delle rendite finanziarie al 20 per cento, il divieto di vendite allo scoperto. Tutte idee contrastate duramente dall’Abi e mi pare mai sostenute da Profumo quando era ancora in banca. Ma l’ex ad evidentemente parla ancora da banchiere e non da cittadino che vuole davvero rendere un servizio al Paese», insiste Boccia. È chiaro che il Pd non ami invasioni di campo e soprattutto la descrizione di un’Italia cui manca un’alternativa a Berlusconi. Fin dalla sua uscita dal gruppo Unicredit Profumo fu dipinto come un possibile Papa straniero per il centrosinistra. Adesso quel fantasma è più vero, più concreto. «Ma se dice che non ci sono proposte una diversa politica economica significa che non conosce e non legge i documenti – attacca Boccia -. Non è un buon inizio per chi vuole fare politica».
Related Articles
Botti di fine anno. La guerra nascosta del governo Gentiloni
Mentre va tutto bene, anzi «siamo in regola», sui «botti» di fine d’anno veri, quelli dei raid che anche con le nostre bombe uccidono ogni giorno i civili in Yemen
L’altolà ai «falchi» conferma la scelta della linea morbida
L’attesa si dilata fino a questo pomeriggio. E il vuoto politico che accompagna la decisione della Corte di cassazione finisce per accentuare il sospetto di un passaggio decisivo in modo un po’ patologico. Il Pd rinvia le sue decisioni sul congresso perché non è d’accordo al proprio interno, ma anche perché aspetta di vedere come il Pdl reagirà al verdetto della Suprema corte.
Alfano gela Formigoni sulla Lega “Le alleanze vanno salvaguardate”