Profumo a caccia di soldi privati per la cultura milanese senza fondi

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MILANO – Alessandro Profumo, l’ex ad di Unicredit il cui nome dal giorno delle dimissioni ricorre come un mantra quando dal centro al centrosinistra si invoca un’autorevole new entry nel Palazzo in sfacelo, lavorerà  per intanto ad aiutare la cultura di Milano. La disponibilità  a un impegno pubblico l’aveva accennata altre volte. Ora c’è anche una firma. Il contratto di consulenza, siglato con l’assessore Boeri della giunta Pisapia, è per un anno, «rinnovabile». Il compenso zero tondo, «pro bono».
L’incarico, di quelli che o lo fai per niente o non c’è prezzo: in tempi di vacche magre per tutti e magrissime per la voce cultura nei bilanci dei Comuni, inventare la formula per convincere imprese e privati a metterci del loro. «La chiave – dice – è la chiarezza dei progetti e il coinvolgimento degli operatori economici nella loro costruzione. L’ostacolo è la dispersione, mettere risorse in singole iniziative senza una cornice che dia senso all’insieme. Partiremo di qui, con un incontro a Milano a metà  novembre con i player economici, a cui racconteremo le nostre idee».
Della partnership pubblico-privato per la cultura Profumo, da banchiere, è stato leader e pioniere: nella musica con la Filarmonica della Scala e le tournée all’estero del teatro, l’Arena di Verona, il Festival di Bayreuth; nell’arte, con il Macro di Roma, il Castello di Rivoli, la milanese Fondazione Pomodoro che però proprio in questi giorni ha annunciato il forfait. Sono tempi difficili… «Naturalmente sì, ma la Filarmonica scaligera e tanti altri interventi sono esperienze felici». Faranno da modello? «In realtà , se dirlo non sembra blasfemo, con Unicredit ho imparato molto soprattutto dalla Uefa, con la sponsorizzazione della Champions League. Gente brava, con le idee chiare e il massimo rispetto per le competenze di ciascuno».
Beato calcio: quando si parla di privati e cultura invece, nascono di solito più sospetti… «Ed è sbagliatissimo. La costruzione in comune del progetto, come nella mentalità  anglosassone in questo campo, è il modo per superare l’idea fissa che lo sponsor sia lì per limitare la libertà  delle istituzioni culturali. Ma anche per riconoscere che l’operatore economico ha l’obbligo della redditività  del proprio investimento. Ottenuta focalizzando le risorse per legare la propria identità  a un luogo e a un’impresa». Il sospetto simmetrico, da parte delle imprese, è che la politica voglia l’ultima parola, come potere di scambio. «Sbagliatissimo anche quello, e ciò che posso dare per scontato, lavorando oggi con Milano, è la massima trasparenza e competenza».
Alcune idee guida che a metà  novembre saranno messe sul tavolo all’incontro con i potenziali sponsor («al Planetario, luogo di visioni», anticipa Boeri), messe a punto in riunioni tra Profumo, assessore e staff negli scorsi mesi, sono: attribuire chiare “vocazioni” agli spazi culturali, da Palazzo Reale al Pac al Castello, per renderli più “adottabili” dal privato che ci si riconoscerà , organizzazione della domanda culturale, dai bus di notte per andare al concerto alla rete delle associazioni con specifici interessi, selezione dell’offerta culturale attraverso una maratona di incontri ogni giovedì, che Boeri dall’inizio del mese sta convocando con musicisti, cineasti, teatranti, artisti visivi. Ai giovedì fisicamente Profumo non c’è, ma all’incontro con i player ne tirerà  le fila. Obiettivo: «Raccogliere risorse per progetti costruiti insieme». Un po’ quello che servirebbe ben al di là  di Palazzo Marino.


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