Processo al salvataggio di Atene, la Corte di Berlino decide sull’euro

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Sarà  anche vero che c’è sempre la possibilità  di un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma il solo fatto che la Germania attenda con ansia il verdetto della Corte costituzionale federale, previsto per oggi, la dice molto lunga sul momento di incertezza che sta vivendo un Paese che si pone molti dubbi, sia nel mondo della politica che nell’opinione pubblica, sui costi del sostegno ai partner dell’Unione meno virtuosi e sullo stesso futuro della moneta unica.
La Corte è chiamata a stabilire se con gli aiuti a Grecia, Irlanda e Portogallo il governo di Berlino abbia violato le leggi tedesche e perfino i Trattati europei, che non prevedrebbero la necessità  di farsi carico dei debiti degli Stati membri. Lo affermano, da una parte, un parlamentare della Csu (l’ala bavarese del partito della Merkel), Peter Gauweiler (rappresentato da un professore di diritto dell’Università  di Friburgo, Dietrich Murswiek), e, dall’altra, quattro vecchie conoscenze della battaglia antieuro, tra cui, oltre a Starbatty, l’ex membro del Consiglio della Bundesbank William Nà¶lling. A giudizio di questi ultimi, è indispensabile almeno una ristrutturazione radicale dell’eurozona che dovrebbe essere composta al massimo da sette «nazioni forti».
Ad attendere con ansia cosa diranno i magistrati di Karlsruhe è in primo luogo la cancelliera, impegnata proprio in queste settimane a convincere la propria maggioranza sulla necessità  di sostenere in modo compatto il rafforzamento del fondo salva Stati deciso dal vertice europeo di Bruxelles. Se è chiaro che un parere negativo avrebbe conseguenze catastrofiche, sarà  importante vedere quali saranno le valutazioni dei giudici nel caso di una presa di posizione interlocutoria, che, come è molto probabile, rivendichi la necessità  di un maggiore ruolo del Parlamento nelle scelte del governo riguardanti gli aiuti alle nazioni indebitate. Quello della funzione del Bundestag è infatti il grande tema che sta animando il dibattito in vista del voto del 27 settembre che dovrebbe dare il via libera al fondo salva Stati. Oltre ai dissensi di merito (che non vanno certamente sottovalutati) nel gruppo parlamentare cristiano-democratico e in quello cristiano-sociale è forte infatti la voce di chi lamenta il fatto che i deputati siano chiamati soltanto a ratificare a scatola chiusa decisioni prese altrove, magari a Bruxelles. Un intervento della Corte costituzionale in questa direzione darebbe fiato ai critici o renderebbe quanto meno il percorso ancora più complicato. Che la situazione sia molto difficile lo dimostra il voto informale di lunedì notte in cui 19 parlamentari Cdu e Csu si sono rifiutati di appoggiare l’aumento dei poteri e della dotazione dell’Efsf. Per non parlare di quanto sta accadendo nel partito liberale, alleato della Merkel nella coalizione nero-gialla, che vive una crisi profonda (come testimoniano le recenti elezioni in Meclemburgo-Pomerania Anteriore) e che sulle politiche europee sta giocando una partita rischiosa sulla pelle del governo di cui fa parte.


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