by Sergio Segio | 1 Settembre 2011 6:59
BENGASI — Educazione civica: 45 minuti alla settimana, lettura del Libro Verde scritto da Muammar Gheddafi nel 1975. Arabo: analisi e interpretazione del Mushtama, compendio dei pensieri elaborati dal leader per le masse. Storia: rispondere alla domanda «perché la rivoluzione del 1969 ha avuto successo?». La soluzione è in quattro punti, il primo: è stata pianificata in segreto.
Il vecchio istituto costruito dagli italiani, intonaco giallo e grandi finestre, è ancora chiamato Fatah come il nome dato dal Colonnello al golpe contro re Idris che l’aveva portato al potere quarantadue anni fa. Gli slogan schizzati con lo spray nero raccontano già la storia della rivolta di questi mesi, quella che i bambini cercheranno di capire e studiare, quando le scuole dovrebbero aprire fra poche settimane. I capi politici degli insorti stanno preparando i nuovi programmi, vogliono ripartire in anticipo sul calendario di regime, dedicare i primi due-tre mesi alle materie perse durante la sommossa e allungare la durata dei corsi: un paio di mesi in più e lezioni per sei giorni invece che cinque.
Cancellare gli insegnamenti basati sulla dottrina di Gheddafi vuol dire ritrovarsi senza libri da mettere in cartella. Solo matematica e scienze possono essere insegnate sui vecchi manuali. «Quelli di Storia sono inservibili», dice Hana el Gallal, che è stata responsabile per l’Educazione a Bengasi e adesso sta pianificando i curriculum post regime con il ministero. «Se fai una domanda di Storia a mio figlio, che è in quarta elementare, non sa rispondere. È stato costretto a memorizzare le gesta che esaltano il culto di Gheddafi. Nient’altro. La prima e la seconda guerra mondiale venivano distorte. Non c’era traccia della rivoluzione francese: il dittatore aveva omesso qualunque evento potesse spingere la gente a ribellarsi per i propri diritti».
Hana, 41 anni compiuti l’8 agosto, doppio passaporto (l’altro è svizzero), un dottorato a Berna sui rapporti tra l’Islam e l’Occidente, ha due figli e gira senza velo. È una madre single che ha lasciato il consiglio provinciale per promuovere i diritti delle donne. «Sto cercando di ottenere che i corsi di religione si riducano alla lettura del Corano. Senza interpretazione. Non voglio che i maestri dicano ai miei bambini quel che è giusto o sbagliato, attribuendolo alle parole di un testo sacro. Prevarrebbe la loro visione».
Nei libri imposti da Gheddafi, la geografia è spiegata senza mappe, un mondo chiuso che ruota attorno al Raìs. La colonizzazione italiana — nel volume usato alle superiori e all’università — viene motivata con la brama di ricreare l’impero romano. Una studentessa racconta di aver dovuto ripetere il secondo anno di Scienze politiche, perché aveva passato gli esami, ma non il test sulle massime del Colonnello.
La Storia insegnata nella nuova Libia racconterà la rivoluzione del 17 ottobre, l’assedio a Misurata e la conquista di Tripoli. Giornate che per i bambini sono state parte della loro vita. Cercherà di spiegare i quarantadue anni di regime. «Non possiamo cancellare Gheddafi — dice Hana — per quanto male ci abbia fatto. Diventeremmo dei dittatori che riscrivono il passato. Siamo noi che gli abbiamo dato il potere con la nostra paura: è la lezione più importante da non dimenticare».
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