by Sergio Segio | 24 Settembre 2011 6:28
MILANO – Ormai il salvataggio della Bpm è diventata una corsa contro il tempo. Mancano solo tre giorni (weekend compreso) al cda che dovrebbe decidere la svolta, ma non vi è ancora alcuna condivisione di una governance da portare all’approvazione di Banca d’Italia. Il presidente Massimo Ponzellini ha cercato di blindare una bozza di sistema duale che attribuiva gli stessi poteri di oggi sia al presidente del consiglio di sorveglianza sia al direttore generale. Lasciando in un buco nero, come nella morsa di una tenaglia, il consigliere delegato che dovrebbe arrivare dall’esterno. Addirittura, in quella bozza, era scritto che il comitato remunerazioni, presieduto da Ponzellini, avrebbe avuto il potere di decidere le retribuzioni di tutto il personale della banca. In pratica la continuazione di ciò che succede oggi, con l’associazione Amici della Bpm (sindacati interni) che esercita il suo potere su tutte le carriere e le promozioni interne.
Questa bozza, però, è stata bocciata sonoramente dall’asse che ormai si è formato tra i sindacati nazionali (che hanno quasi commissariato le sigle interne), il potenziale investitore Matteo Arpe e Mediobanca, i quali sono al contrario intenzionati a seguire alla lettera le indicazioni provenienti da vigilanza creditizia. È stata anche preparata una bozza di nuovo statuto sostanzialmente diversa da quella di Ponzellini, sul modello di sistema duale che governa Intesa Sanpaolo e Banco popolare. Secondo questo schema i poteri del consiglio di gestione e del consigliere delegato sono blindati dallo statuto della banca, mentre il direttore generale viene incaricato a valle dal consiglio di gestione. Ma soprattutto il consiglio di sorveglianza non avrebbe alcuna voce in capitolo sulla gestione della banca né sulle politiche di remunerazione, con una netta separazione tra i due livelli definita “alla tedesca”.
La vicenda si è complicata nelle ultime ore con gli Amici della Bpm che, vedendo la mala parata, si sono appoggiati al dg Enzo Chiesa e al finanziere Andrea Bonomi per trovare una soluzione alternativa. Purtroppo l’idea di governance che stanno maturando appare impresentabile a Banca d’Italia: non tanto per Bonomi al posto di Ponzellini ma per il fatto che la gestione verrebbe affidata a personale di provenienza interna alla banca, secondo il solito schema spartitorio. La bozza di statuto Amici-Bonomi-Chiesa prevede infatti un cdg di sette membri (schema 3-2-1-1) che riflette il peso delle sigle interne. Proprio l’esatto contrario di ciò che ha chiesto via Nazionale in seguito all’ispezione che aveva accertato la mancanza della sana e prudente gestione. A questo punto, o Ponzellini prende in mano la situazione e tira fuori uno schema di governance che possa avere il via libera da Bankitalia, o scatterà il commissariamento, soluzione non certo bella esteticamente ma sempre più probabile.
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